M.M., Venezia
Sono totalmente d’accordo con lei, e proprio per questo non condivido (ma rispetto) la richiesta che mi fa di non firmare per esteso la sua lettera... I fatti di questi giorni sono la continuazione di una storia di accoglienza – faticosa, complicata, un po’ contraddittoria e umanamente generosa come tutte le storie vere – che si sta scrivendo da anni sulle coste, sui moli e tra le case di Lampedusa. Quello ai cittadini dell’isola sarebbe, perciò, certamente un Premio Nobel per la Pace giustificato. Un Nobel «comunitario», eloquente, emblematico e altamente educativo. Anche nei confronti di quegli esponenti politici di casa nostra che si mostrano incapaci di capire che cosa sta accadendo sulle rive meridionali del Mediterraneo e, in qualche caso, fanno mostra di una straordinaria e urtante insensibilità. Anche ieri, purtroppo, ne abbiamo avuto l’esempio... Peccato per loro e per il nostro Paese, nel quale certe uscite vernacolari e volgarotte sul tipo di quella che s’è inventato ieri Umberto Bossi eccitano i sentimenti e le reazioni più superficiali, impaurite e inconsulte. Meglio prendere esempio dalla gente semplice. Come le mamme e i papà che a Lampedusa si sono dati gioiosamente da fare per il neonato etiope Yeabsera (leggere il "dulcis in fundo" pubblicato qui sotto farà bene a tanti). Se questa volta il Premio Nobel per la Pace andasse a gente così, sarebbe davvero giusto e bello. E, soprattutto, quest’anno nessuno avrebbe il dubbio di averlo assegnato con un po’ troppa precipitazione al famoso o potente di turno… Ricambio di cuore il suo saluto.
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