martedì 21 luglio 2009
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Caro Direttore, sono un vecchio medico di famiglia in pensione e non avrei mai creduto di assistere a una mutazione ideologica così profonda nella gestione della Federazione nazionale degli ordini dei medici ( Fnomceo) come quella verificatasi in quest’ultimo paio d’anni e che si è evidenziata ultimamente anche con la nota presa di posizione sulle dichiarazioni anticipate di trattamento (Dat) quando si è parlato di « diritto mite » da utilizzare dal legislatore e si è qualificata la nutrizione artificiale assistita come «terapia» . Ma c’è un fatto di molto minor rilievo, ma sicuramente sintomatico, che credo opportuno segnalarle. Noi medici avevamo, da diversi anni, la possibilità di aderire a una polizza educativa detta « dei grandi rischi operatori, in caso di interventi subiti» , con scadenza 31 maggio di ogni anno, stipulata con le Generali, alla quale avevo aderito: il premio annuo era di 150 euro nel 2005 e 2006, e di 160 euro nel 2007 e 2008. Quest’anno la suddetta Federazione ha deciso di cambiare la società assicuratrice e ha scelto l’Unipol, nota anche per il fatto che, mi pare due anni fa, occupò le prime pagine dei giornali perché, a quanto risultava da intercettazioni telefoniche, alcuni dirigenti del Pd della sinistra, contavano sulle transazioni di un suo dirigente per poter «sognar» . Con questo cambiamento, il premio annuale è passato da 160 a 270 euro, con un aumento del 68,75%. Io, viste le condizioni, ho cestinato la proposta e rinunciato all’assicurazione e spero che altri miei colleghi abbiano fatto altrettanto. Il testo della polizza è disponibile sul sito www. enpam. it, come riportato nei nn. 5 e 6 de ' Il giornale della previdenza dei medici e degli odontoiatri'.

Lettera firmata

Può darsi, caro amico, che il cambio di partner assicurativo della Fnomceo sia stato determinato da mere ragioni economiche – anche se l’impennata del premio giustifica ampiamente i dubbi che lei avanza – e tuttavia la virata compiuta in questi ultimi anni dalla federazione pare indubbia. È evidente che la scelta compiuta a Terni di votare, senza praticamente dibattito e con modalità sbrigative, un documento che si intrometteva, a gamba tesa, in un argomento sul quale è in corso un dibattito parlamentare, trasforma i medici in un soggetto politico. Un protagonismo spurio perché, come nel caso in questione, si avallano obiettivi ideologici con argomentazioni mimetizzate da scientifiche. Ponendosi in una prospettiva più generale, si può valutare quanto accaduto come il riflesso del cambio di strategia operato dal fronte cosiddetto « progressista » dopo la bruciante sconfitta del referendum 2005. Visto il fallimento della mobilitazione a livello popolare, si sta cercando di inserire dei grimaldelli nei dibattiti di vertice, con un accerchiamento che pare avere di mira come bersaglio ultimo la Corte costituzionale. Il principio che l’intera azione vuole fondare e garantire verso tutti, è quello cosiddetto di autodeterminazione, che pone l’individuo sopra tutto, recidendo però il valore e il significato dei legami interpersonali, riducendo la società alla somma di tanti individui, isolati e diffidenti l’uno dell’altro. Questo a partire dal rapporto col medico paziente, che si trasforma da relazione di cura a esecuzione notarile di procedure fiscali, ma coinvolgendo in prospettiva anche la legislazione familiare, con divorzio breve, patti prematrimoniali... In questo processo, dietro al quale non è difficile scorgere le tracce della cultura e della strategia radicale, la Fnomceo pare candidarsi a un ruolo primario. In occasione dell’Assemblea di Terni il dissenso non ha mancato di farsi sentire, pur non essendo riuscito a impedire che l’operazione del presidente Bianco giungesse in porto. Visto il precedente, bisognerà aumentare il livello di vigilanza, vagliando e contrastando eventuali nuove iniziative con la mobilitazione generale di quanti vogliono conservare alla professione medica il suo carattere umanistico. Mi chiedo, peraltro, se chi ha votato a favore di quel documento ha messo in conto la reazione dei pazienti di fronte alla notizia che il proprio medico guarda con favore alla prospettiva di non provare fino all’ultimo a salvare loro la vita. È proprio assurdo prevedere un fuggi fuggi e un accodarsi precipitosi fuori dello studio dei medici ippocratici? Credo proprio di no. Ma in quel caso si potrà dire: chi è causa del suo mal, pianga se stesso.
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