Antonio Costantini, Pomarance (Pi)
Noi, gentile signor Costantini, siamo di un’altra scuola. Sappiamo bene, cioè, come i liberisti – e il professor Martino è un economista che si rifà a una delle correnti più "decise" del liberismo – che la proprietà privata non è un furto, e che la ricchezza non è sempre e soltanto un’ingiustizia, ma non dimentichiamo mai che Dio Creatore ha dato a tutti i beni una «destinazione universale». E che, dunque, le ricchezze private «realizzano la loro funzione di servizio all’uomo quando sono destinate a produrre benefici per gli altri e la società». La Chiesa ci insegna, poi, con molta chiarezza che chi tiene tutto per sé «non è innocente», e chi condivide l’abbondanza, in realtà, non fa che «pagare un debito». La grande e generosa vicenda della politica, del sindacato, dell’imprenditoria individuale e cooperativa e della finanza cristianamente ispirate (e le nuove vie che continuano a essere aperte e percorse) sono il frutto di questa concezione e della ricerca incessante di un giusto equilibrio e di un pieno e concreto riconoscimento della dignità di ogni vita e, conseguentemente, di ogni condizione sociale e di ogni lavoro. Papa Benedetto, nella "Caritas in veritate", continuando e sviluppando il magistero di Paolo VI e di Giovanni Paolo II, ci dà forza e argomenti in questo sforzo per la giustizia e la solidarietà. E san Francesco d’Assisi, nato ricco e povero per scelta, da lassù certo sta accanto a chi cammina su questa strada diritta.
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