Caro direttore,
auguri a tutti quelli che fanno “Avvenire”, in particolare a te – mio collega – e ai giornalisti che conosco meglio: la mia amica Lucia Capuzzi, Nello Scavo, Filippo Rizzi. Quando uno comincia a lavorare in un giornale finisce per esserne parte. E l’età della testata su cui scriviamo – che siano cinquant’anni oppure cento – diventano un po’ la nostra stessa età. Siamo “parti” anche di tutto quello che viene via via pubblicato sulle nostre pagine, e questo è quanto accadrà ai colleghi che faranno questo lavoro dopo di noi. So bene che è difficile festeggiare l’anniversario in un giornale, perché in un giornale la data fatidica è sempre quella di ieri o già di domani. Ieri, non era ancora l’anniversario, e domani è ormai passato... Ma tutto questo non mi impedisce di consegnare a questo messaggio un saluto sentito a ognuno di voi. Un grande abbraccio!
Jorge Milia Diario Castellanos Rafaela (Argentina)
Grazie, caro direttore Milia. Sai dire con amicizia e profondità qualcosa di essenziale a proposito del nostro lavoro. Del piccolo-grande miracolo che può realizzarsi (e non è affatto scontato) quando con umanità, intelligenza e professionalità si “abita una redazione” di giornale. Un luogo normale e speciale, dove i “solisti” – e i giornalisti tendono a esserlo – possono sperimentare (e anche questo non è scontato) la forza che nasce dal non essere soli davanti al compito di raccontare e interpretare “un giorno della vita del mondo” sino a provare quel senso di “appartenenza” alle pagine scritte insieme che tu così bene definisci con poche pennellate. È bello sentirsi in una sintonia così piena. Anche sul nostro modo di “abitare il tempo”. È proprio vero: nei momenti straordinari (come un anniversario tondo) così come in quelli ordinari (ma ce ne sono davvero?) noi cronisti siamo persone in corsa tra ogni ieri e ogni domani, eppure siamo considerati uomini e donne del presente, persino capaci di dare senso, consapevolezza e, magari, un po’ di luce al presente di tutti o almeno a quello di chi si fida di noi. È una gran cosa, e ogni santo giorno mi emoziona pensarlo mentre ricomincio la nostra bellissima fatica. Mi emoziona, come l’augurio che ci hai fatto arrivare, e che ricambio a nome di tutta la “gente d’Avvenire” pensando ai settant’anni del tuo “Diario Castellanos” celebrati da poche settimane. Buon lavoro comune, di qua e di là dal mare, sotto lo stesso cielo di Dio e camminando la medesima terra, tra la nostra gente.