Gentile direttore,
sono un detenuto che si trova nel carcere di Reggio Emilia. Era da tempo che volevo scriverle questa lettera, ma rimandavo sempre a causa dei miei impegni di studio: sono iscritto al secondo anno al Corso di Laurea Magistrale in Giornalismo e cultura editoriale, alla Facoltà del Dipartimento di Discipline Umanistiche, Sociali e delle Imprese Culturali dell’Ateneo di Parma. Lo scorso 14 giugno ho svolto il mio decimo esame in Geopolitica e Globalizzazione. Andò benissimo: 30/30 coi relativi complimenti del docente, per la prova scritta. L’idea di scriverle mi balenò dal momento in cui sul suo giornale (io oserei dire sul nostro giornale – mio e di don Daniele (con quanto sto per dire non scoprirò certo l’acqua calda) – ha voluto sottolineare che fra i tanti quotidiani che orbitano nella galassia della stampa del nostro Paese, 'Avvenire' è l’unico ad entrare nelle carceri gratuitamente. Lo fa con eleganza, con garbo. Il nostro giornale, direttore, è l’unico a interessarsi in modo serio e continuo delle politiche che girano attorno al carcere. Io lo leggo da anni – mi trovo in carcere ininterrottamente da 31 anni – e non mi ha mai scioccato. In esso io ho sempre trovato una comunicazione ragionata, riflessiva, obiettiva. Dal nostro giornale, ho tratto importanti articoli, a firma soprattutto di Glauco Giostra, che mi hanno aiutato a elaborare al meglio le mie relazioni scritte per le prove d’esame. Ho trovato delle analisi lucidissime, approfondimenti fatti da persone esperte che hanno narrato del carcere come se lo avessero fatto di persona. Ritagliavo gli articoli che trovavo più interessanti e li spedivo per via posta alla 'mia' tutor: la dottoressa Annalisa Margarita da poco laureata a Parma alla Magistrale col massimo dei voti, con una tesi che ha per titolo 'Costruire Percorsi di Ritorno' nella quale parla, appunto, di carcere. Gli articoli che procuravo alla 'mia' tutor son serviti a lei: 'materiale' di ricerca affinché potesse citarli nella sua tesi. Si figuri che la dottoressa di cui le sto parlando è laica e da circa un anno legge 'Avvenire'. Stessa cosa sta facendo il mio docente di tesi, anch’egli laico. Io trovo eccezionale la sezione Agorà, tantissimi sono i ritagli che spedisco ai miei docenti presso l’Università di Parma. 'Avvenire' sarà pure un «Giornale da galera» ma io ho trovato fin da subito che è da galera un giornale che ti fa evadere dalla galera... Un caro saluto
Antonio Sorrento Reggio Emilia
Grazie, gentile e caro signor Sorrento. Mi piace molto come usa e come 'vive' il nostro 'Avvenire'. Lettere come la sua rafforzano la determinazione a continuare a essere anche un 'giornale da galera', vicino a tante persone che pagano i loro debiti con la giustizia e, come è giusto, se vengono loro date le giuste occasioni, ritrovano se stessi e un posto nella comunità di cui siamo tutti parte. Auguri di cuore per la sua Laurea magistrale e per la vita che si è riconquistato