Vediamo le stesse cose, caro signor Emmolo, e arriviamo a conclusioni analoghe. Ma la sua amara ironia, gentile lettore, mi fa ritenere che il suo sguardo sia quello di chi vede soprattutto il bicchiere mezzo vuoto, anzi in via di totale svuotamento. Io – senza chiudere gli occhi – amo vedere e valorizzare anche il buono che il bicchiere della nostra società ancora e sempre contiene, e cerco di sostenere tutti coloro (e tutto ciò) che possono tornare a riempirlo. E questo nel caso della famiglia come in quello della difesa della vita o, a un altro livello, della tutela del lavoro di tutti, della speranza dei più giovani e della casa che ci è stata affidata: il creato. Penso che tanti, grazie anche a questa crisi dalle cause e dagli effetti così spietati, si stiano rendendo meglio conto che tutto ciò ha davvero valore e si fonda su valori che non possono essere accantonati e compromessi. Mi auguro che la visione e l’azione che dipendono dal presidente Monti (che non ho mai fatto mistero di giudicare nel complesso rigorose e meritorie, anche se – come abbiamo scritto più volte su Avvenire – non sempre e non del tutto convincenti) puntino in questa direzione. E sono certo che la santità antica e nuova di Francesco e di Chiara (come forse sa, sono originario di Assisi e ho imparato sin da bambino a pensare la loro robusta e gioiosa adesione a Cristo come una testimonianza assolutamente complementare) possa essere in questo tempo difficile – che ci chiama a ritrovare sobrietà, solidarietà e sano entusiasmo – una fonte di ispirazione. Quanto ai soldi («l’argent, mes garçons, c’est l’argent!», ironizza lei), cioè i fondi necessari per far girare le cose – traduco: finanziare opere personali e comunitarie, organizzazione civile e servizi sociali – sono e devono restare uno strumento, cioè non un arma, non un’ossessione e non il monocolo sussiegoso e deformante col quale squadriamo la realtà. Il denaro è uno strumento da usare con intelligenza e da non fare diventare mai l’unica (o, comunque, la principale) "intelligenza" dell’uomo e del mondo. È uno strumento che non può padroneggiarci, addirittura tiranneggiarci e paradossalmente usarci. Il mio può magari sembrare un discorso da utopista, caro amico, ma è semplicemente un sintetico tentativo di fare eco a una sapienza che la Chiesa "esperta in umanità", attraverso la sua Dottrina sociale, non si stanca di trasmettere. E che Papa Benedetto ci offre con straordinaria profondità. Vorrei anch’io – proprio come lei e come Marina Corradi – statisti alla De Gasperi, capaci di mettere con efficacia nel loro servizio all’Italia e all’Europa (nonché a un mondo sempre più interdipendente) questa solidità e questa lungimiranza.