Giancarlo Maffezzoli, Garda (Vr)
Sulla «vexata quaestio» della laicità sarebbe ora di calare un deciso sipario e un’altrettanto decisa parola «fine» . È venuto il momento di dire basta a polemiche strumentali e inutili. In merito, chiarissime sono non soltanto la Carta Costituzionale, ma anche l’esperienza e la prassi politica di sessant’anni di democrazia, i cui princìpi sono stati a lungo condivisi dalle diverse tradizioni culturali presenti nella nostra storia, da quella cattolica a quella socialista fino ai cosiddetti « laici » , eredi del liberalismo risorgimentale, minoritario ma sempre attivo. Tutto ciò era stato riassunto nel motto cavouriano « Libera Chiesa in libero Stato » , valido tutt’oggi e declinato in termini attuali nell’articolo 1 dell’Accordo di modifica del Concordato del 1984: « La Repubblica italiana e la Santa Sede riaffermano che lo Stato e la Chiesa cattolica sono, ciascuno nel proprio ordine, indipendenti e sovrani, impegnandosi al pieno rispetto di tale principio nei loro rapporti ed alla reciproca collaborazione per la promozione dell’uomo e il bene del Paese » . Dove la novità, rispetto all’ 800, sta nelle ultime parole: la causa dell’uomo esige non solo distinzione ma collaborazione. Resta comunque da chiedersi se tale lezione, ormai condivisa, sia stata veramente metabolizzata da certi ambienti ad esempio quelli che hanno più rappresentanza nei media, che sembrano allergici a ogni forma di presenza dichiaratamente cristiana nella società. Ambienti radicaleggianti in cui circolano idee come quelle di una pretesa ed esclusiva « laicità » della cultura e del sapere. Una concezione per la quale « laicità » viene fatta coincidere con « neutralità » – della scienza e del pensiero – che però, in realtà, non è affatto tale, ma ha come indicatore comune l’ostilità nei confronti della religione. Noi continueremo a prendere la parola, con pacatezza, ogni qualvolta ci parrà che il nitido proposito concordatario sia contraddetto e osteggiato, convinti che il bene del nostro Paese – il terremoto dell’Abruzzo fornisce l’ennesima conferma – si alimenta del rapporto corretto, fiducioso e cordiale di Chiesa e Stato.
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