Caro direttore,è già stato ricordato che il 4 dicembre di 50 anni fa papa Paolo VI firmava il Decreto Conciliare
Inter Mirifica e, lo hai scritto anche tu, 5 anni dopo, lo stesso giorno, “Avvenire” ha iniziato le sue pubblicazioni. A mio parere non è troppo dire che questo quotidiano che abbiamo tra le mani è uno dei primi frutti del Concilio. Un giornale dove donne e uomini generosi e credenti si sforzano, giorno dopo giorno, di leggere i fatti della vita quotidiana e di «portare la salvezza a tutti gli uomini» sentendosi – come dice il testo conciliare – obbligati a «diffondere il messaggio evangelico».Il cambio della grafica del giornale cartaceo e dello stesso sito internet di “Avvenire” invita tutti a ulteriori considerazioni. Da una parte mette in evidenza quanto già scriveva il Beato Giovanni Paolo II ne
Il rapido sviluppo e cioè che «la Chiesa… deve essere in grado di affrontare in modo adeguato il passaggio epocale che stiamo vivendo» e dall’altro dà verità a quanto ha aggiunto Benedetto XVI, che bisogna cioè «riflettere sul concetto dei media come rete in grado di facilitare la comunicazione, la comunione e la cooperazione».Questo è “Avvenire” che, con la tua direzione e il significativo e convinto apporto di tutta la Chiesa italiana, abbiamo giornalmente tra le mani. Riconoscerlo e additarlo all’opinione ecclesiale mi sembra doveroso, soprattutto dopo che insieme – ti ricordi l’incontro con papa Francesco il 21 settembre? – ci siamo sentiti dire dal Papa, in modo sorprendente, che «la comunicazione non è un settore, ma una dimensione esistenziale… importante… per dialogare con l’uomo d’oggi e portarlo all’incontro con Cristo, che è personale».Grazie del tuo lavoro e di quello di tutti i tuoi redattori e collaboratori.
Claudio Maria Celli, arcivescovo presidente del Pontificio Consiglio delle Comunicazioni socialiGrazie di cuore, eccellenza carissima. Per l’augurio, per l’apprezzamento del nostro lavoro, per l’incoraggiamento a proseguirlo in tutti gli “ambienti” in cui esso oggi si dispiega. E grazie per averci ricordato sia il mandato che ci è stato assegnato dall’Inter Mirifica (che coincide con quello affidatoci dalla Chiesa italiana), sia l’intenso discorso che papa Francesco ci ha rivolto, lo scorso 21 settembre, a conclusione della riunione plenaria del Pontificio Consiglio delle Comunicazioni sociali. Porto in cuore ognuna delle parole ricordate, che mi sono di sprone e di conforto nel nostro impegno comune. E tutte le altre. A cominciare da queste: «C’è bisogno di saper entrare nella nebbia dell’indifferenza senza perdersi; c’è bisogno di scendere anche nella notte più buia senza essere invasi dal buio e smarrirsi; c’è bisogno di ascoltare le illusioni di tanti, senza lasciarsi sedurre; c’è bisogno di accogliere le delusioni, senza cadere nell’amarezza; di toccare la disintegrazione altrui, senza lasciarsi sciogliere, senza scomporsi nella propria identità». È ciò che da giornalisti e da cattolici ci tocca fare, seguendo la buona bussola. Ed è, il Papa lo riassume con straordinaria e urgente efficacia, il programma dell’“Avvenire” che cerchiamo di costruire ogni giorno. Grazie ancora, a nome di tutti noi. E buon lavoro.