Caro Direttore, certo, la storia di Eluana ha scosso le coscienze, perché, lo si voglia o no, lei era presente, mentre delle centinaia di migliaia di non nati per aborto nessuno parla più. Eppure nella sola Emilia Romagna oramai manca un’intera città di giovani all’appello. Di Eluana sono state diffuse solo le foto dell’adolescenza, forse a volerne sottolineare in modo subliminale che dopo l’incidente non è più esistita, ad attestare la stereotipa affermazione dei fautori di eutanasia «È morta 17 anni fa». Nella stampa cattolica, pur nella inequivocabile disamina e giudizio etico di quanto stava accadendo, mai una parola di condanna della persona del padre. Da ultimo si è espresso anche il vescovo di Modena (28 febbraio): «Non posso che essere vicino con tutto il cuore a quest’uomo che sta vivendo momenti di profondissimo dolore...». «Nessuno tocchi Caino» è radicato nella millenaria origine biblica della cultura cristiana, molto prima che se ne fregiassero i radicali a totale discrezionalità e opportunismo ideologizzato. Tuttavia siamo alla fase C (dopo A: la campagna pro-eutanasia, B: esecuzione della sentenza), C: il sovvertimento della realtà. Non essendo riuscita l’operazione di divisione in Guelfi e Ghibellini (strumentale induzione allo schieramento dell’elettorato ricercata in particolare in periodo elettorale) proprio perché troppo scosse tutte le coscienze (anche quelle laiche) dalla vicenda di Eluana, gli strali dei radicali vengono più esplicitamente diretti contro la Chiesa oppressiva, come se il popolo cattolico fosse una massa non pensante sotto il giogo dei valori non negoziabili. Sulla stampa locale modenese 'Informazione' e "Gazzetta" del primo marzo l’intervento di uno che si qualifica come consigliere comunale Pd, 'Pietas, concetto in disuso perso anche dalla Chiesa'. L’intervista rilasciata a diverse testate dall’infermiera Maria Marion, «una delle infermiere sotto inchiesta per il caso Englaro e anche consigliere com. del Pd a Udine» ("Repubblica" e "Carlino" del primo marzo). Il giornalista: «Qualcuno pensa che lei abbia concorso a un’eutanasia». La Marion: «Un termine che rifiuto, anzi per me nei confronti di questa ragazza c’è stato un accanimento terapeutico». E così, ha dichiarato recentemente suor Annalisa delle Misericordine, si diffonde il capovolgimento fraudolento dei valori, «violenza disumana» il prendersi cura, «eroi della libertà» (con tanto di cittadinanza onoraria) coloro che assistono una persona per condurla alla morte di fame, di sete, e di solitudine, senza pietà. Un comunicato sul 'Resto del Carlino' e su 'Informazione' (5 marzo), e 'Gazzetta' (9 marzo) a firma di una 'Comunità Cristiana del Villaggio Artigiano di Modena', di cui vengono citati cinque firmatari consiglieri comunali Pd, che esordisce: «I volti della Chiesa cattolica sono grazie a Dio, tanti e diversi. Quello della Chiesa Italiana ci appare troppo severo, preoccupato solo per i principi, assai lontano dalle parole e gesti di Gesù di Nazareth…» e proporrebbe una formula-tipo di testamento biologico. A me risulta che a ogni liturgia il Credo cattolico reciti: «Credo la Chiesa, una, santa, cattolica e apostolica». Si rileva peraltro nel suddetto testamento l’affermazione: «Io vorrei morire con dignità e pace, per quanto possibile vicino e in contatto con i miei parenti, le persone care e nell’ambiente che mi è familiare…». A Eluana questo non è stato concesso. È morta «nel silenzio di una camera-bunker dalle finestre oscurate» (Corriere Sera, primo marzo) in una stanza vuota - pare - in quel momento senza nessuno, neppure il medico.
Lucia Rolando, Modena
La sua ricostruzione – da un punto di osservazione modenese – della vicenda Eluana è interessante ed anche efficace. La trovo largamente condivisibile ad esclusione di un unico aspetto, che però non è secondario e che desidero, quindi chiarire. Lei rimprovera, addebitandola come mancanza, che la stampa cattolica non abbia mai pronunciato alcuna «parola di condanna nei confronti del padre» e collega a questo rilievo anche una riserva circa alcune parole del suo arcivescovo. Se su tutto il resto – lo ribadisco – concordo, su queste critiche viceversa dissento abbastanza nettamente. Che da parte nostra non sia mai stata pronunciata o scritta alcuna parola di condanna del padre lo rivendico come scelta oculata e meditata. E quando qualcuno ha voluto metterci proditoriamente in bocca la definizione di «boia» riferita al padre, abbiamo reagito con fermezza intransigente. Resto convinto che non spetti a noi ergerci a giudici di singole persone: so di avere bisogno io per primo della misericordia del Padre – al cui cospetto saranno svelati i segreti della mente e del cuore di ciascuno – per correre l’azzardo di sostituirmi a Lui. Questo non toglie che la condanna per l’atto che ha consegnato Eluana alla morte sia senza incertezze, né sfumature. La si è volontariamente portata a morte e, anche se questo è avvenuto con l’avallo di una sentenza della Cassazione, ciò non basta per rendere l’atto accettabile, né giustificabile. Così mi pare anche ingiusto attribuire alle parole del vescovo un avallo implicito alle scelte del signor Englaro. Dichiarare che gli si è vicini in un momento drammatico è la rispettosa segnalazione offerta a una persona che si trova su un crinale rischiosamente decisivo della sua esistenza, caricata di pressioni e condizionamenti, rispetto ai quali c’è solo da sostare in silenzio e pregare Iddio perché ci assista. Non era ambigua solidarietà, ma affidamento al Padre buono, giusto e misericordioso. A parte questo elemento, ribadisco tuttavia la mia consonanza con la sua riflessione, anche quando stigmatizza l’appellativo «severo» assegnato al volto della Chiesa, dimenticando di riconoscere che la Chiesa della vita è anzitutto testimoniata dai 15 anni di cure assicurate dalle suore Misericordine che, non a caso, sono state prontamente archiviate dai media. Mentre il signor Beppino le accusava di aver manipolato (in senso letterale: massaggiato con le loro mani) il corpo di una figlia gelosa della propria intimità. Dio lo perdoni per questa aggiunta di malizia: non gliene saranno grate le migliaia di malati che probabilmente invocano un’assistenza tanto delicata e vitale, e che magari oggi si scopriranno lasciati un po’ più a se stessi per l’intimidazione implicitamente inflitta agli operatori sanitari. La saluto.