Se la retorica del sassolino che provoca una valanga è spesso abusata nelle ricostruzioni storiche, la vicenda della Brexit sembra per ora esserne una perfetta incarnazione. Prima, nell’incauta scelta compiuta da Cameron di far balenare l’ipotesi di un referendum che, inseguendo – inutilmente – le frange estreme dei conservatori, è diventata promessa e, quindi, realtà, con l’inaspettato sì all’abbandono dell’Europa. Poi, con un ricorso all’Alta Corte di una singola cittadina, che ha indotto i giudici a imporre un passaggio parlamentare prima di dare inizio al distacco da Bruxelles.
Ben pochi si aspettavano un verdetto favorevole al ricorrente. E la decisione, nonostante la fiammata sui mercati e qualche speranza rianimata negli europeisti più irriducibili, sembra destinata ad avere maggiori ripercussioni interne che continentali. Se la Corte Suprema (organo di ultima istanza giurisdizionale, istituito solo nel 2005) confermerà, come sembra probabile, la sentenza dell’Alta Corte, difficilmente i parlamentari ribalteranno il risultato del referendum, condannandosi alla non rielezione e, soprattutto, sancendo un "tradimento" della volontà popolare.
Quello che invece è chiaramente stabilito dal verdetto è che la sovranità in Gran Bretagna ha la sua principale espressione nel Parlamento e non nel governo. Quest’ultimo non può dunque incidere sui diritti dei cittadini – come di fatto accade avviando la procedure dell’articolo 50 del Trattato di Lisbona che porta la Gran Bretagna fuori della Ue con tutto quello che ciò comporta – senza che si esprimano i legislatori, veri garanti degli elettori e dei loro interessi.
Alla Camera dei Comuni la partita sarà pertanto tutta politica. Una via d’uscita potrebbero essere le elezioni anticipate, che richiederebbero però il sì dei laburisti, troppo acciaccati e divisi per rischiare le urne. L’altra strada sarebbe quella di un’uscita soft – esplicitamente contrastata dal premier May –, con un accordo per lasciare Londra nel mercato comune e un conseguente compromesso con Bruxelles sulla libertà di circolazione delle persone.
In ogni caso, il sassolino lanciato da Gina Miller – già soprannominata "Davide" che ha sconfitto il gigante Golia – rallenterà un processo che gli euroscettici inglesi avrebbero voluto secco e rapido.