Egregio direttore,
leggo la sua risposta a un suo lettore che mi riguarda. Non Le nascondo la profonda amarezza di vedermi dipinto da lei come una persona che avrebbe una «doppia verità». Il mio cammino di fede è trasparente: dall’esperienza nel Pci fino a Forza Italia. Non sono un ateo devoto, come alcune persone che rispetto e a cui voglio bene. Non sono neppure, come altri che pure rispetto, un non credente che pure presume di interpretare nel campo politico il vero insegnamento della Chiesa oppure le opinioni personali di alcuni vescovi. Sono semplicemente un cattolico che, in politica, cerca di essere fedele e coerente rispetto ai principi essenziali della nostra fede. In qual modo questi principi possano trovare una traduzione legislativa spetta al carattere laico dell’impegno politico, a stretto contatto con la realtà, con le domande di credenti e non credenti, e con l’orientamento degli altri parlamentari. Con questo spirito e questo esemplare comportamento ho contribuito fortemente all’approvazione della legge 40. Ma questo oggi, sulla base dell’esperienza e dell’evoluzione del mio pensiero, non impedisce di ammettere che si tratta di una legge che abbisogna di profonde correzioni, come del resto innumerevoli sentenze della magistratura, anche europea, dovrebbero far comprendere. Anche sulla legge di fine vita le mie opinioni sono più vicine a cattolici impegnati in politica quali ad esempio il senatore Ignazio Marino piuttosto che a quelle sostenute dai miei amici di partito Gaetano Quagliarello, Maurizio Sacconi ed Eugenia Roccella. Che c’è di male in questo? Io penso che la Chiesa dovrebbe far tesoro delle opinioni di tutti, ascoltare tutti. Da questo ascolto, senza voler imporre determinate soluzioni legislative, forse potrebbe emergere la soluzione migliore anche per la Chiesa. Non crede? Perché allora questa prevenzione nei riguardi della mia persona? Non sarà che in questo modo anche gli ambienti vicini alla Chiesa si fanno condizionare dall’asfittica atmosfera della politica italiana? Io spero ancora che, almeno da parte della comunità cristiana di cui faccio parte, vi sia maggiore disponibilità all’ascolto e al rispetto. E questo, mi creda, non è ingenuità, ma una viva coscienza cristiana.
Sandro Bondi, senatore e coordinatore del Pdl
Sono un giornalista e non mi azzardo a giudicare della fede di alcuno, e neanche della sua devozione o della sua esemplarità. Valuto però le parole e gli atti politici di chiunque. Compresi i suoi, gentile senatore Bondi. E infatti anch’io – come altri cronisti e commentatori – ho valutato la qualità degli argomenti, dei toni e delle sorprendenti liste di proscrizione di parlamentari dichiaratamente cattolici del Pdl con cui, a fine novembre, ha deciso di preannunciare il ruvido e dirompente "rientro in campo" dell’onorevole Silvio Berlusconi avvenuto di lì a poco. Ricordo ai nostri lettori che lei, in un’intervista a "la Stampa" del 29 novembre scorso, aveva sciorinato (e mai smentito o anche solo ridimensionato) argomenti, toni e liste di reprobi pidiellini che complessivamente ho valutato e definito «laicisti». E, a questo punto, ritengo di dover confidare ai nostri lettori che lei li aveva ribaditi e addirittura aggravati (allungando, anzi, la lista dei "reprobi"…) in un’intervista ad "Avvenire" che il 30 novembre scorso ha realizzato e, all’ultimo istante, ha fatto sapere di voler ritirare dalla pubblicazione. Siamo persone cortesi e, nonostante la conversazione con lei fosse registrata, per fair play abbiamo lasciato perdere e tamponato il "buco" che il suo singolare atteggiamento aveva creato in una nostra pagina. A parte questo, ovviamente sapevo già della «evoluzione di pensiero» che l’ha condotta lontano dal magistero della Chiesa e dalla visione di tanti laici (anche atei, e non tutti devoti) in tema di princìpi irrinunciabili, quelli che Papa Benedetto definisce «valori non negoziabili». Ma francamente non mi aspettavo che lei, oltre a pensarla più o meno come Ignazio Marino in materia di manipolazione della vita nascente e della morte umana, sarebbe arrivato a pensare a come emarginare chi non si è consegnato a una «evoluzione» uguale alla sua, cioè tutti coloro che ha liquidato come superflua «parte più confessionale del Pdl». Libero lei di pensarla come vuole e di disistimare chi vuole, a cominciare da coloro che qui sopra definisce «amici di partito» (i senatori Quagliarello e Sacconi e l’onorevole Roccella dei quali io, invece, stimo le limpide prese di posizione), ma accetti che altri possano eccepire. E non si meravigli se c’è chi rimane sbalordito per questi suoi "evoluti" applausi alle "sentenze creative" con le quali certa magistratura opera contro la legge dello Stato e contro gli argini alzati per porre fine al far west della procreazione artificiale o per evitare lo smembramento di embrioni umani al fine di ridurli a «materiale biologico» da ricerca o, ancora, per resistere al pressing per legalizzare suicidio assistito ed eutanasia. Nessuna prevenzione nei suoi confronti, gentile senatore, solo valutazioni motivate. E la constatazione che evoluzione può purtroppo far rima con confusione. È vero, magistero cattolico e princìpi cardine del diritto naturale possono essere contestati e rifiutati, ma non possono essere confusi ed equivocati. Non esiste una «doppia verità» e, ripeto, non tutti sono ingenui. Insomma: lei protesta, e noi protestiamo di più... Ma gli auguri di un Natale buono e santo glieli faccio lo stesso.