Gentile direttore,
ho letto con interesse, le parole che papa Francesco ha rivolto a voi tutti martedì primo maggio, festa di san Giuseppe lavoratore, in occasione dell’udienza per i 50 anni di “Avvenire”. Sono rimasto colpito e felice, come sempre quando si parla del nostro-vostro quotidiano. Poter festeggiare insieme al Papa i 50 anni di questo strumento d’informazione così importante, rende orgogliosi e ancor più partecipi anche noi lettori che ci sentiamo parte della grande famiglia di “Avvenire” per il servizio prezioso che ogni giorno fa. Il discorso del Papa è così interessante che merita di essere letto e riletto, per rifletterci bene. Giustamente, Francesco parte con un bellissimo richiamo a san Giuseppe lavoratore, perché è il lavoro che giornalisti, poligrafici e addetti alla diffusione che rende possibile un quotidiano così interessante! Tanti auguri ad “Avvenire” e grazie al Santo Padre per quella giornata speciale che sentiamo anche nostra.
Grazie, caro amico. Scelgo la sua lettera per rispondere a tutti coloro che sono stati felici con noi per l’incontro caldo e ri-motivante con papa Francesco. Lei dice una cosa molto vera. I lettori di questo giornale sono attenti, esigenti e appassionati e sono parte integrante della stessa grande “famiglia” a cui appartengono tutti coloro che “Avvenire” lo fanno e lo diffondono, giorno dopo giorno. Lo sa, io amo parlare con gratitudine e gioia della «gente d’Avvenire» e considero non solo una straordinaria opportunità, ma un vero e proprio dono aver potuto sviluppare in questa redazione e in rapporto con questi lettori una gran parte della mia vicenda professionale. Non potevamo portarvi tutti con noi. Ma vi abbiamo portato lo stesso, credetemi. E spero che il Santo Padre sia riuscito a sentirlo. Mentre gli presentavo i miei colleghi, dicendo che cosa fanno, pensavo a questo nostro mestiere così bello e così complicato, soprattutto se si perde il senso del perché e per chi lo facciamo. Porto in cuore e ho nella testa, ogni parola che il Papa ci ha detto, ma in questa prima domenica di maggio vorrei offrire in dono a lei, che si chiama proprio come il Santo lavoratore che ha fatto da padre a Gesù Cristo, e a tutti gli altri lettori soprattutto due immagini. Quella dell’uomo che «sa destarsi e alzarsi nella notte, senza scoraggiarsi sotto il peso delle difficoltà». E quella del «custode» che sa «farsi carico delle persone e delle situazioni che la vita ha affidato alla sua responsabilità». C’è l’essenziale del compito che ci tocca, proprio ora, proprio qui. Da cristiani. Da gente d’Avvenire.