Qual è la vignetta peggiore? La caricatura disegnata su carta di Maometto e del sanguinario califfo al-Baghdadi oppure l’immagine vera, che ha fatto il giro del mondo, in cui due persone inneggiano ad Allah sparando il colpo finale a un poliziotto a terra già ferito, dopo che hanno fatto strage nella redazione di un giornale? Lo spietato attacco terroristico compiuto a Parigi contro il settimanale “Charlie Hebdo”, qualunque sia la sua matrice (la più probabile, persino dichiarata e appaludita dai fondamentalisti, sembra quella dell’estremismo islamico), non può che suscitare il massimo orrore e la massima condanna per le vite umane stroncate.
Ma la scelta di colpire un giornale, il suo direttore, i suoi redattori, coloro che ne permettono con vari compiti la realizzazione e chi lo difendeva come tutore dell’ordine deve inquietare e mobilitarci, se possibile, ancora di più. La libertà di espressione, quella sancita anche dall’articolo 21 della nostra Costituzione – «Tutti hanno diritto di manifestare liberamente il proprio pensiero con la parola, lo scritto e ogni altro mezzo di diffusione. La stampa non può essere soggetta ad autorizzazioni o censure» – non significa licenza di offesa, ma resta uno delle conquiste e dei baluardi fondamentali della nostra civiltà cristiana e liberale. Oggi è stato messo nel mirino dei fanatici, quale che sia la loro ispirazione omicida e totalitaria, “Charlie Hebdo”. Domani potrebbe toccare ad altri mass media, “rei” di non allinearsi a quelle ideologie che, come scriveva Norberto Bobbio, dispregiano l’individuo e ne fanno «la particella di un tutto che lo trascende e trascendendolo pretenderebbe di sublimarlo».
È l’11 settembre dell’Europa? Il terrorismo islamico ha già colpito il Vecchio Continente, da Madrid a Londra, ma questa volta la ferita, almeno dalla prospettiva ravvicinata, sembra più profonda, foriera di altre infezioni. Per questo la bandiera delle società democratiche non deve ammainarsi a lutto, ma sventolare alta, per il direttore di “Charlie Hebdo” e per i suoi vignettisti scomodi e irriverenti anche fino alla insopportabilità. Come diceva ancora Bobbio, «il riconoscimento del valore della libertà non deve creare l’illusione della sua eterna durata: le civiltà antiche non l’hanno riconosciuta; nulla ci assicura che la riconoscano i nostri nipoti».
Anche alla luce di questo monito, vanno evitati la caccia alle streghe alimentati dagli agitatori di turno, il riflesso condizionato dell’anti-islamismo generalizzato, la speculazione politica. Ci aspettiamo, abbiamo bisogno di una grande mobilitazione pacifica e senza distinguo, per un’Europa in cui tutti possano discutere, criticare, chiedere rispetto, avendo però la comune inscalfibile convinzione nei valori della convivenza, che oggi sono stati così barbaramente violentati a Parigi.
Molto possono fare i leader e le comunità musulmane che vivono tra noi (da Parigi viene anche un buon esempio, in questo senso), per stigmatizzare ora, denunciare e prevenire in futuro, promuovere la cultura dell’inclusione e della tolleranza in modo permanente (tanto più se sarà confermato che i terroristi sono franco-algerini). Non si tratta di retorica a buon mercato quando prendono piede movimenti come Pegida in Germania, i sedicenti «patrioti europei contro l’islamizzazione dell’Occidente».
Chi soffia sul fuoco delle contrapposizioni e dello scontro di civiltà è certo un irresponsabile senza attenuanti, ma non si può sottovalutare il fatto che tanti sono non del tutto immotivamente spaventati di fronte alla concretizzazione delle idee più radicali nello Stato islamico. Quello che i killer di ieri hanno fatto come criminali mascherati in Francia (siano o meno mossi da una distorta fede islamica) è editto delle autorità a Mosul, eseguito in pubblico senza che nessuno possa manifestare solidarietà alle vittime.
L’Occidente si suicida per arrendevolezza, dice qualcuno, per arroganza laicista dice qualcun altro. Ma vero suicida, di sé e della civiltà, è solo chi crede unicamente nell’odio per il diverso e il non omologato, chi non vede altro modo per affermare la propria visione del mondo che distruggere tutto ciò che non vi rientra. L’Occidente cristiano ha la saggezza e la forza per contrastare tutto questo, anche se per riuscirci dovrà fare ricorso ai quei valori che a volte dimentica o lascia timidamente e colpevolmente sullo sfondo della sua luccicante facciata.