sabato 24 aprile 2021
E un principio che tutela le vite nascenti
Assegno unico: criteri semplici e chiari
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Caro direttore,
come padre di tre bambini piccoli sono ovviamente interessato alla imminente novità dell’assegno unico e universale per i figli a carico. Ma come volontario in associazioni molto toccate da questa “rivoluzione” in politica economica familiare (sono infatti presidente di un Centro di aiuto alla vita, quello della città mariana di Loreto, e vicepresidente del Forum regionale delle associazioni familiari delle Marche), cerco di seguirne gli sviluppi, ne sento il dovere. Nessun giornale più di “Avvenire” è “sul pezzo” e per questo servizio di informazione e democratico dibattito le esprimo un grande grazie.

Tuttavia, poco o nulla è stato detto sui criteri di assegnazione, i quali a differenza delle cifre sono stati invece già stabiliti nella legge delega. Vorrei perciò porre una domanda e chiedo scusa in anticipo se la mia è solo “paranoia”; se fosse così, allora io stesso sarei molto sollevato. Vengo al punto. La legge delega per l’assegno unico e universale per i figli a carico prevede come primi due criteri di: 1) essere cittadino italiano o di uno Stato membro dell’Unione Europea, o suo familiare, titolare del diritto di soggiorno o del diritto di soggiorno permanente, ovvero essere cittadino di uno Stato non Ue in possesso del permesso di soggiorno Ue per soggiornanti di lungo periodo o del permesso di soggiorno per motivi di lavoro o di ricerca di durata almeno annuale; 2) essere soggetto al pagamento dell’imposta sul reddito in Italia. La domanda, quindi, è la seguente: in base ai due criteri appena menzionati, è possibile individuare delle categorie di persone che non avranno diritto all’assegno? In particolare, mi domando che cosa voglia dire tecnicamente “essere soggetto al pagamento dell’imposta sul reddito”, che bisogna avere un reddito? Esemplificando: una ragazza madre che non lavora avrà diritto all’assegno unico e universale? Oppure no, perché l’assegno è per i “figli a carico”, sottintendendo fiscalmente, e quindi se la mamma non ha un reddito, allora non potrà prendere l’assegno? Come spero si comprenda, non si tratta di domande retoriche né pretestuose. Forse le risposte sono scontate e rassicuranti per gli addetti ai lavori, ma penso che aiuterebbero la comprensione del quadro generale. Grazie dell’ascolto!

Roberto Festa

Loreto (An)

Gentile presidente Festa,
il direttore mi invita a dialogare con lei e io provvedo subito a rassicurarla: la vera novità dell’assegno unico è che, a differenza di quanto avviene oggi, sarà un contributo veramente universale, cioè andrà a tutti i genitori a prescindere dal fatto che siano lavoratori dipendenti, autonomi, disoccupati, pensionati o incapienti. E sarà ancora più universale in quanto una base fissa spetterà a tutti a prescindere dal reddito (pur se la caratteristica dell’universalità, volendo rispettare il senso delle politiche familiari e il dettato costituzionale dell’equità orizzontale, dovrebbe prevedere una base comune elevata, e non sembra essere questa la strada scelta).
Quanto alla domanda che lei pone riguardo all’«essere soggetti al pagamento delle imposte in Italia», la questione è molto semplice: significa solo che non si potrà avere la residenza fiscale all’estero. L’unica vera condizione, insomma, è essere genitori di figli con meno di 21 anni, mentre l’assegno sarà corrisposto già dal settimo mese di gravidanza. Questo aspetto è molto importante, e sicuramente non le sarà sfuggito considerando il ruolo che ricopre in un Centro di aiuto alla vita. L’importanza del nuovo strumento, che risulterà rafforzata se l’importo sarà veramente significativo, è soprattutto culturale, per il messaggio di sostegno pubblico che trasferisce alle coppie che desiderano un figlio. Questo vale a maggior ragione per le madri in attesa nei casi drammatici in cui la solitudine o l’assenza di aiuti può spingere verso il pensiero di un’interruzione della gravidanza. In questo senso, guardando a donne straniere in condizioni difficili o estreme, è importante segnalare un aspetto previsto dalla delega (art. 2/g), ma di cui si è parlato poco finora, e che estende lo sguardo anche alla tutela della vita nascente: la possibilità di corrispondere l’assegno in deroga rispetto ai criteri di cittadinanza, sulla base di segnalazioni dei servizi sociali e sanitari che sul territorio sono deputati alla tutela della natalità, della maternità, dell’infanzia e dell’adolescenza. A valutare i singoli casi dovrà essere una commissione ancora da istituire, ed è auspicabile che i decreti delegati diano piena concretezza a questa indicazione.

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