I ponti di Roma, passeggiando sopra un fiume e dentro la storia. Davvero. Mettendo i piedi, con emozione e rispetto, dove nel 1943 camminarono i loro ultimi passi dieci donne romane trucidate dai nazisti, che spararono loro alle spalle, dopo averle fatte schierare addosso alla ringhiera del Ponte di Ferro, che collega il quartiere Ostiense al Portuense. O dove finivano i loro giorni i primi martiri cristiani gettati nel Tevere da Pons Aurelius (215 d.C.), sulle rovine del quale venne poi costruito nel 1484 Ponte Sisto. O, ancora, dove all’inizio del XVI secolo per giorni venivano esposti i corpi degli impiccati, appesi alle spallette di Ponte Sant’Angelo.
A passeggio anche all’inizio del secolo, sopra Ponte Vittorio Emanuele II, che venne inaugurato due volte (il 5 maggio 1911 e il 24 aprile 1912), a distanza di un anno. Anche lungo Ponte della Musica Armando Trovaioli, avveniristico bestione da 2mila tonnellate, lungo 190 metri e largo fino a 22, inaugurato ieri dieci anni fa. O, con altra emozione e altro rispetto, salendo su “Ponte Settimia Spizzichino”, progettato da Calatrava, un infinito arco sospeso e funi in acciaio, aperto nove anni fa, che unisce la Garbatella all’Ostiense, dedicato all’unica donna che sopravvisse nella retata del 16 ottobre 1943 al Ghetto di Roma.
E infine a passeggio, di nuovo su Ponte Sant’Angelo, a tarda sera e stavolta col sorriso - pensando a leggende e credenze d’una volta - perché magari s’incontra il… fantasma di Beatrice Cenci, che visse alla fine del XVI secolo e fu giustiziata giovanissima per aver ucciso il padre (che la seviziava da quando aveva 16 anni), diventando un’eroina popolare. O quello di Donna Olimpia Pamphilj, discussa nobildonna all’inizio del XVII secolo, che dopo la sua morte - narrano sempre leggende capitoline - ogni 7 gennaio attraversa “Ponte Sisto” a bordo di una carrozza e poi finisce nel Tevere.