Don Antonio Coluccia ogni giorno nella borgata romana di San Basilio combatte la criminalità attraverso il Vangelo: recita il Rosario, invoca la Vergine Maria, diffonde le parole che San Giovanni Paolo II aveva pronunciato contro Cosa Nostra alla Valle dei Templi di Agrigento, il 9 maggio 1993: “Convertitevi”. Una Parola che rimbomba tra i palazzoni di San Basilio, una delle principali piazze di spaccio della capitale collocata nella periferia est.
Don Antonio ripete che questa attività rappresenta “un fatto culturale” così come l’occupazione delle case: una conseguenza – precisa – dell’abbandono da parte dello Stato. “Per sottrarre il territorio alle organizzazioni malavitose – aggiunge – occorre vivere una cultura della legalità”.
La sua ricetta passa attraverso la presenza fisica, il dialogo coi cittadini e le proposte concrete.
Tra queste c’è la palestra di pugilato che don Coluccia è in procinto di aprire dopo aver ristrutturato un locale confiscato alla mafia grazie alla collaborazione con le Fiamme Oro della Polizia di Stato. “L'obiettivo – spiega il sacerdote – è quello di educare i ragazzi alla legalità attraverso lo sport”. Ma non solo: nel locale sorgerà anche un doposcuola sociale, perché il risveglio di San Basilio deve essere innanzitutto culturale. “È la cultura che salva”, ribadisce don Antonio.
Uno speciale di Telepace su don Antonio Coluccia andrà in onda giovedì 25 marzo alle ore 20.
Chi è don Antonio Coluccia?
È stato definito in tanti modi: “prete di strada”, “prete degli ultimi”, “prete coraggio”, “prete operaio”.
Inizia la sua esperienza pastorale ascoltando e accogliendo poveri, ex tossicodipendenti, ex carcerati. Entra in contatto con organizzazioni criminali. Toglie dalle strade tante persone. Subisce intimidazioni. «Fino in fondo», andare avanti senza «urlare», con la forza della fede e del Vangelo è la sua scelta, la sua testimonianza.
Il sacerdote opera da anni a Roma, nel quartiere Nord di Grottarossa, come viceparroco nella parrocchia San Filippo Apostolo, ma è soprattutto noto per aver fondato l’“Opera Don Giustino Onlus”, un’organizzazione no-profit impegnata concretamente nella lotta contro le povertà e l’esclusione sociale, all’accoglienza di poveri, emarginati, persone senza fissa dimora per restituire loro dignità, rispetto e considerazione umana.
Ha trasformato la villa sequestrata a un componente della Banda della Magliana in un centro di accoglienza per i poveri e i bisognosi del territorio. Per questo suo impegno è stato più volte minacciato di morte. Vive ora sotto scorta, ma con fede ed umiltà continua il suo impegno: ha infatti chiesto al comune di Roma la disponibilità di altri immobili, per aiutare altri poveri.