Joe Biden - Ansa
Il sigillo sulla sconfitta di Kamala Harris contro Donald Trump è arrivato anche dal presidente uscente. Ieri, dal giardino delle rose della Casa Bianca, Joe Biden ha rilanciato l’appello ad abbassare i toni che hanno infiammato la campagna elettorale e a voltare pagina con la consapevolezza che, negli Stati Uniti, la democrazia è viva e vegeta. Il sistema elettorale americano, ha garantito, «è integro, giusto, trasparente, e merita la nostra fiducia, sia in caso di vittoria che si sconfitta». «Non si può amare il Paese – ha tuonato – solo quando si vince». Il breve discorso alla nazione di Biden è permeato di passato ma guarda al futuro. Le rassicurazioni sulla correttezza del voto interpretano la necessità (non dichiarata) di mandare in soffitta lo spettro degli scontri del 6 gennaio e di sottolineare che i democratici, no, non metteranno a ferro e fuoco il Campidoglio come fecero le milizie dell’estrema destra quattro anni fa. «Ho assicurato al presidente eletto che garantirò una transizione pacifica e ordinata – ha chiarito – perché questo è ciò che il popolo americano merita». Parole in linea con quelle usate da Harris, il giorno prima, nel discorso di accettazione della sconfitta. «Accettiamo il verdetto delle urne», aveva sollecitato con tono quasi implorante parlando ai supporter radunati alla Howard University. Biden ha chiamato Trump, al telefono, mercoledì: gli ha fatto le congratulazioni e lo ha invitato a un incontro alla Casa Bianca per discutere il passaggio di consegne.
Cortesia istituzionale che, nel 2020, il tycoon repubblicano, allora titolare della poltrona allo Studio Ovale, si era rifiutato di eseguire. L’incontro, questa volta, ci sarà ma la data non è stata ancora fissata. Biden, ieri, ha parlato per sette minuti, non uno di più. Tanto gli è bastato per tornare a elogiare l’impresa «straordinaria» di Harris, «servitrice pubblica piena di integrità, coraggio e carattere», nonché leader di una campagna che ha «ispirato e motivato» migliaia di persone. «È normale cadere – ha puntualizzato nel commentare la batosta – ma la misura del carattere è data dalla velocità con cui ci rialziamo». Ha continuato a usare il «noi» anche per precisare: «Non vediamo l’ora di proseguire il servizio a favore del popolo americano». L’unità del partito evocata dalla prima persona plurale stride, tuttavia, con la tensione che si respira tra i dirigenti democratici chiamati a riflettere sugli errori che hanno portato alla débâcle elettorale di cui, questa è l’opinione più diffusa, proprio Biden, con il suo tardivo passo indietro, è responsabile. Secondo Thom Reilly, co-direttore del Center for an Independent and Sustainable Democracy dell’Arizona State University, «tra 30 anni verrà ancora ricordato come il presidente che ha battuto Trump solo per preparargli il terreno per un altro governo».
Mentre la sinistra si lecca le ferite interrogandosi su mancanza di coraggio ed eccesso di carrierismo, la destra di Trump scalda i motori della macchina destinata a trainare il Paese nei prossimi quattro anni. I repubblicani, tra l’altro, avranno il controllo del Senato. Quello della Camera non è ancora stato deciso ma, al momento, il loro vantaggio sui democratici è di tredici seggi. Ieri, nel decimo distretto della Pennsylvania, è stata confermata la vittoria, a sorpresa, del repubblicano Scott Perry. I primi nomi della nuova squadra di governo potrebbero essere annunciati già nei prossimi giorni. Come anticipato, al patron di Tesla Elon Musk potrebbe andare la guida della commissione per l’efficienza governativa mentre all’ex candidato indipendente, il no-vax Robert F. Kennedy, un ruolo nel settore della sanità. Prende forma anche l’agenda dei primi cento giorni che contempla tagli fiscali, modiche all’Inflation Reduction Act e investimenti in tecnologia e personale di polizia per il controllo dell’immigrazione al confine con il Messico. All’Amministrazione Biden restano 73 giorni di governo. Non sono esclusi in questo periodo colpi di coda per blindare iniziative vessillo della 46esima presidenza. Una è arrivata proprio mercoledì, all’indomani delle elezioni, con l’annuncio di un provvedimento ambientale che limita le trivellazioni di gas e petrolio in una riserva naturale dell’Alaska.