Agenti davanti alla sinagoga dopo la sparatoria - Ansa
La Tunisia ripiomba nell'incubo stragista. Nel mirino, ancora una volta, la sinagoga di Ghriba a Djerba, la più antica d'Africa, nell'ultimo giorno del pellegrinaggio ebraico che vede ogni anno nell'isola migliaia di fedeli. Sono finora sei i morti, compreso l'attentatore, e otto i feriti dell'attacco sferrato da un ufficiale della Guardia nazionale che poco prima aveva ucciso un collega sottraendogli poi la pistola d'ordinanza.
"Abbiamo sentito pesanti colpi di arma da fuoco e l'aggressore ha tentato di entrare nel complesso della sinagoga.
Gli agenti della sicurezza hanno bloccato rapidamente le uscite, e gli uomini dell'antiterrorismo sono stati molto professionali. La carneficina è stata evitata grazie al coraggio delle forze di sicurezza", è il racconto dell'ex ministro del Turismo tunisino, originario di Djerba, René Trabelsi, che martedì sera si trovava nella sinagoga con la sua famiglia. L'attentatore - ha raccontato l'ex ministro - aveva un giubbotto antiproiettile e indossava la divisa per evitare di essere scoperto.
Sul terreno sono rimasti Haviel Haddad, 30 anni, gioielliere di Houmt Souk con doppia nazionalità tunisina e israeliana e suo cugino Benjamin, 42 anni, nato e residente a Marsiglia ma originario di Djerba, dove era tornato per il tradizionale pellegrinaggio. "Un uomo di bontà" lo definisce in un comunicato il Concistoro israelita di Marsiglia, titolare di una panetteria kosher e noto "per offrire il pane dello shabbat agli indigenti". Le altre vittime sono tre poliziotti, freddati prima che il killer fosse ucciso a sua volta. Tra i fedeli che si trovavano al tempio è stato il panico. "Non avrei mai creduto che avrei sperimentato un tale terrore", ha raccontato una sopravvissuta, Raoudha Seibi, alla Afp. L'attacco è stato "un vero incubo, sono ancora sotto shock", ha detto in lacrime Seibi, membro dell'Associazione tunisina per il sostegno delle minoranze.
Gli attimi di terrore sono stati gli stessi di quell'11 aprile del 2002, quando un camion-bomba con un attentatore suicida esplose vicino alla stessa sinagoga uccidendo 21 persone. L'attentato fu rivendicato da Al Qaida. E sempre di matrice islamica, questa volta opera dell'Isis, furono le stragi del 2015 al museo del Bardo di Tunisi in cui morirono 20 turisti, quattro dei quali italiani, e sulla spiaggia di Sousse, con 38 vittime.
Oggi le autorità tunisine stanno investigando sulle motivazioni dell'"attacco codardo", ha fatto sapere il ministero dell'Interno, senza però fare alcun riferimento a un possibile attacco terroristico. Facile intuirne le ragioni. La 'processione della Mnara', che conclude il pellegrinaggio a Ghriba, segna l'inizio della stagione turistica a Djerba, tra l'altro in netta ripresa dopo lo stop dovuto alla pandemia. E solo ieri, poco prima della strage, l'ex ministro Trabelsi che poi si è trovato all'interno della sinagoga, aveva assicurato che "il pellegrinaggio ha confermato il suo successo come ogni anno" e che "il più importante messaggio da inviare al mondo è ovviamente il grande successo della sicurezza e la meravigliosa organizzazione dell'evento".
La clamorosa e sanguinosa smentita è arrivata a stretto giro.
Ma i vertici tunisini, a partire dal presidente Kais Saied, alle prese con una grave crisi economica e con difficili negoziati con il Fondo monetario internazionale, oltre a un'emigrazione fuori controllo, hanno tutto l'interesse a promuovere l'immagine di un Paese sotto controllo. Impresa non facile. Per ora, comunque, hanno incassato la solidarietà del mondo. Dal capo dello Stato Sergio Mattarella al presidente francese Emmanuel Macron, al portavoce del dipartimento di Stato Usa, la condanna della "violenza antisemita" è stata unanime.