Sono oltre 50 gli edifici cristiani che hanno subito devastazioni. Nella foto i ragazzi nella chiesa di Maria Immacolata
Vuole essere un «messaggio di pace e di concordia nazionale a tutto il mondo», ha spiegato Dunia Ammar, responsabile del gruppo giovanile “La Ninive della concordia”. Un gesto semplice, ma già simbolo di una mobilitazione dal basso a Mosul Est, nella parte della “capitale” del Califfato liberata da poche settimane dal Daesh. Ammar con il suo gruppo ha organizzato la pulizia di una chiesa e di una moschea. La campagna «Per una Mosul più bella» mira a promuovere di nuovo quel modello di convivenza interreligiosa che aveva caratterizzato la città irachena prima della sua occupazione da parte del Daesh nel giugno 2014. Tre giorni fa, una trentina di giovani volontari, quasi tutti musulmani – comprese alcune ragazze con il velo islamico – hanno rimesso in ordine la chiesa caldea dedicata a Maria Immacolata, collocata nel quartiere di Drakziliya, sulla riva orientale del fiume Tigri, tornata sotto il controllo dell’esercito iracheno. La chiesa era stata confiscata dal Daesh e scelta come sede della cosiddetta «hisba», la polizia morale incaricata di vegliare sul rispetto del codice di comportamento islamico da parte della popolazione.
I giovani volontari –come mostrano foto pubblicate dal sito Web Ankawa.com – hanno rimosso i detriti sparsi nella chiesa e ripulito il pavimento. L’episodio più significativo di un’iniziativa messa in atto in tutti i quartieri liberati dai jihadisti per cancellare le tracce visibili – comprese le numerose scritte, gli striscioni e i graffiti – che i militanti del Daesh avevano disseminato in tutti i luoghi pubblici e nell’arredo urbano. Ma molti altri luoghi di culto, comprese chiese e moschee, sono stati distrutte dai miliziani jihadisti. «Abbiamo deciso di assumere un ruolo diretto per ripulire la nostra città – ha detto Maher Al-Obaidi, capo della “Rete delle organizzazioni della società civile” – e adesso è il momento di ripulire e risistemare moschee, chiese e altri luoghi di culto». «Tutti i volontari all’opera – ha aggiunto Obaidi – sono musulmani, perché i membri delle altre comunità sono stati cacciati dalle loro case dai miliziani di Daesh e ancora non si sentono sicuri a tornare». «Questo è un messaggio ai nostri fratelli cristiani perché tornino alle loro case, perché Mosul ha bisogno di loro», ha affermato Mohammad Badrany, dell’Ong Ramah, che collabora all’iniziativa.
La settimana scorsa, i volontari di “Nahdat Gil”, che in arabo significa la «Rinascita di una generazione», hanno pulito la chiesa dello Spirito Santo, che la popolazione locale chiama «Titanic» perché costruita a forma di nave. Davanti a questo luogo di culto era stato ucciso nel 2007 il giovane sacerdote Ragheed Ganni insieme a tre suddiaconi. «La nostra diversità è la nostra forza», ha commentato Manal, una ragazza di Nahdat Gil, un gruppo di 300 giovani di età compresa tra 15 e 30 anni impegnati nella pulizia di scuole e ospedali dalle scritte che inneggiano al Califfato nella zona della città già liberata. Muhannad al-Awmary, uno dei responsabili della campagna, ha assicurato che i volontari «vorrebbero estendere l’iniziativa a tutte le chiese danneggiate e ad alcuni siti archeologici», appellandosi alle autorità locali e alle ong internazionali per aiutarli. L’offensiva per espellere il Daesh dalla sua “capitale” irachena è cominciata il 17 ottobre 2016. Il 18 gennaio 2017 le forze irachene avevano annunciato di aver completato la riconquista di Mosul est, la parte della città delimitata dalla sponda orientale del Tigri.