Possono i social network silenziare i loro utenti? E se sì, possono agire allo stesso modo anche nei confronti di capi di Stato e di governo? La scelta dei big del settore come Facebook e Twitter di cancellare i profili di Donald Trump, evocando i rischi di «nuove istigazioni alla violenza » dopo l’assalto dei suoi sostenitori al Congresso Usa, ha lanciato il dibattito.
After close review of recent Tweets from the @realDonaldTrump account and the context around them we have permanently suspended the account due to the risk of further incitement of violence.https://t.co/CBpE1I6j8Y
E pur ritenendo corrette le decisioni della Silicon Valley, molti analisti si interrogano sul potere che i social network hanno accumulato. A intervenire è anche l’Europa, con l’Alto rappresentante per gli affari esteri e la sicurezza Josep Borrell: se a suo parere «occorre poter regolamentare meglio i contenuti dei social network, rispettando scrupolosamente la libertà di espressione» tuttavia «non è possibile che questa regolamentazione sia attuata principalmente secondo regole e procedure stabilite da soggetti privati».
Mentre ieri il social network conservatore Parler veniva messo offline – all’indomani del monito di Amazon, Apple e Google con l’annuncio che non lo avrebbero più ospitato sulle loro piattaforme per i suoi contenuti violenti –, anche la Francia deplorava la decisione di Twitter di rimuovere il profilo di Trump, sottolineando che regolamentare la rete non spetta ai colossi del Web. «Ciò che mi sciocca è che sia Twitter a decidere di chiudere» il profilo di Trump, ha dichiarato il ministro francese dell’Economia, Bruno Le Maire. «La regolamentazione dei colossi del Web – ha proseguito – non può avvenire attraverso la stessa oligarchia digitale ». Sempre in Francia, Cédric O, segretario di Stato per gli Affari Digitali, ha scritto su Twitter che la scelta del social network può essere «giustificata come risposta d’emergenza» ma «pone questioni fondamentali».
Per Parigi la scelta di Twitter contro il leader Usa può essere «giustificata come risposta d’emergenza».
Che la «regolamentazione del dibattito pubblico» sia affidata a social network che «si sono trasformati in spazi pubblici reali dove si ritrovano miliardi di cittadini», ha aggiunto il sottosegretario, «sembra quantomeno limitato da un punto di vista democratico». In questa direzione virano anche i commenti di Manfred Weber, l’europarlamentare tedesco capogruppo del Ppe, secondo cui «non possiamo lasciare che siano le società americane della Big Tech a decidere come discutere e non discutere, cosa si possa e cosa non si possa dire in un discorso democratico. Abbiamo bisogno di un approccio normativo più rigoroso».
Da Berlino Angela Merkel ha detto di considerare «problematica» la rimozione dei profili di Trump. Gli operatori dei social network – ha dichiarato ieri Steffen Seibert, portavoce dell’esecutivo tedesco – hanno la responsabilità di garantire che la comunicazione politica non sia avvelenata dall’odio e dall’istigazione alla violenza. La libertà di espressione, in quanto diritto fondamentale di significato basilare, può tuttavia essere limitata solo dal legislatore. Di «necessità di una maggiore regolamentazione » ha parlato ieri anche un portavoce della Commissione Ue, per «conciliare il rispetto dei diritti fondamentali con una maggiore responsabilità delle piattaforme social».
Piattaforme sociali e colossi del Web
88milioni
il numero di follower – ovvero di utenti che ne seguivano i contenuti – di Donald Trump su Twitter: il suo profilo ora è stato rimosso
353milioni
il numero di utenti attualmente iscritti a Twitter, un quinto dei quali si trova negli Stati Uniti: il social network è stato lanciato nel 2006
2,7miliardi
gli utenti attivi mensili di Facebook nel mondo, ovvero coloro che hanno usato il social network almeno una volta nell’ultimo mese
-6,41%
il crollo fatto registrare ieri da Twitter a Wall Street sull’onda delle polemiche. In rosso anche Apple, Amazon e Google
Il 15 dicembre, la Commissione Ue ha presentato la sua proposta per regolamentare i contenuti online che, ha ricordato il portavoce, prevede che le piattaforme spieghino «come moderano i contenuti», stabiliscano «in termini chiari quali sono le regole» e informino «sulla decisione di sospendere un account ». Queste regole, se adottate dagli Stati membri, «possono ispirare anche altri governi a livello internazionale». Secondo il commissario europeo per il Mercato interno, Thierry Breton, «non saranno più in grado di sottrarsi alla (loro) responsabilità » per il loro contenuto. «Proprio come l’11 settembre ha segnato un cambio di paradigma per gli Stati Uniti, se non il mondo, ci saranno, quando si parla di piattaforme digitali nella nostra democrazia, un prima e un dopo l’8 gennaio 2021», data in cui Twitter ha rimosso l’account di Trump.