Il presidente filippino Rodrigo Duterte a Manila (Ansa)
Una possibilità nell’aria da tempo si è concretizzata ieri con l’informazione della Corte penale internazionale (Cpi) dell’Aja al governo filippino sull’avvio di indagini preliminari per crimini contro l’umanità nei confronti del presidente Rodrigo Duterte. Nel mirino la campagna contro la droga che ha fatto oltre 10mila morti, di cui meno della metà ammessi dalla polizia e giustificati con la reazione all’arresto. Molte testimonianze parlano però di omicidi a sangue freddo o in base a prove inconsistenti o preconfezionate. Secondo il portavoce presidenziale, Duterte avrebbe accolto favorevolmente la notizia «perché stanco di essere costantemente bersaglio di accuse» e che sarebbe pronto a presentarsi alla Corte in modo da «argomentare personalmente il suo caso». Un rapporto di 77 pagine sottoposto lo scorso anno alla Cpi dal giudice filippino Jude Sabio documentava la responsabilità di Duterte in «esecuzioni extragiudiziarie e omicidi di massa» dal 1988. Tuttavia, il procuratore della Corte, Fatou Bensouda, ha sottolineato che l’indagine «riguarderà presunti crimini compiuti almeno dal primo luglio 2016 (quindi dall’avvio della presidenza) nel contesto della guerra alla droga».