giovedì 1 giugno 2017
Da quando la siccità ha prosciugato la rete idrica, la ragazza di 11 anni invece di frequentare la scuola è costretta ad andare al pozzo. Qui opera il Vis della rete Agire
Mekedes ogni giorno fa 15 chilometri per bere acqua

Mekedes ogni giorno fa 15 chilometri per bere acqua

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«Fino allo scorso anno raccoglievamo l’acqua dal Birkad», il tradizionale sistema di raccolta di acqua piovana del Somali, regione dell’Etiopia Sud orientale. «Tutte le mattine dopo aver portato l’acqua a casa andavo a scuola», racconta ai volontari del Volontariato italiano per lo sviluppo (Vis) Mekedes, una ragazzina di 11 anni.

In Etiopia dove la maggioranza della popolazione vive di agricoltura e pastorizia, la siccità ha avuto conseguenze disastrose sulla capacità di sostentamento delle famiglie. Circa 8 milioni di persone sono state colpite dalla siccità del 2015/2016 e affrontano quella in corso. Perdita dei raccolti, prosciugamento delle fonti d’acqua superficiali, perdita del bestiame, rapido diffondersi di malattie legate all’uso di acqua contaminata, innalzamento dei prezzi dei beni alimentari sul mercato locale, sono solo alcune delle conseguenze della siccità che ha colpito il Paese e in particolare la regione del Somali. L’assenza di acqua ha causato aridità dei campi e dunque mancanza di raccolto, nonché la morte dei capi di bestiame: senza poter vendere i frutti della terra e i propri animali, la popolazione non ha di cosa vivere. La situazione è peggiorata drasticamente negli ultimi mesi: secondo dati Ocha, infatti, le persone in stato di necessità sono passate da 5,6 milioni del mese di gennaio ai 7,7 milioni attuali. Sono a rischio della vita 350.000 bambini colpiti da malnutrizione grave e acuta.

In Somalia sono 6,2 milioni le persone che necessitano assistenza sanitaria e alimentare, mentre 451mila minori sono gravemente malnutriti. La carestia del Sud Sudan, la prima dichiarata ufficialmente il 20 febbraio, tocca attualmente 100mila persone, ma sono 1 milione i sud sudanesi che rischiano di morire di fame. Nel Paese, anche a causa della guerra civile 4,9 milioni di persone non hanno abbastanza cibo, inclusi 273.600 bambini gravemente malnutriti e si stima che la cifra arriverà a 5,5 milioni entro luglio 2017. A questa già difficile situazione si sommano insalubri condizioni igieniche. Sono già stati registrati 4.700 casi di colera. La triste rassegna delle statistiche potrebbe proseguire nazione per nazione: la siccità che ha colpito l’Etiopia, come la Somalia, il Kenya, l’area del lago Chad e il Sud Sudan raggiunge circa 30 milioni di persone.


A 50 anni esatti dalla carestia nel Biafra, una tragedia simile per numeri di persone coinvolte si ripete ma senza scomodare opinione pubblica e politica. Ma la siccità ha il volto di Mekedes, una ragazzina di 11 anni, la prima di 5 fratelli, che ogni giorno cammina per circa 8 chilometri per raggiungere il pozzo più vicino. E ne fa altrettanti per ritornare. “Da quando il Birkad si è prosciugato e abbiamo cominciato a raccogliere l’acqua del pozzo non posso più andare a scuola, è troppo lontana. Anche i miei fratelli più piccoli hanno smesso di andare a scuola per portare le mandrie al pascolo in posti molto lontani, non c’è più erba vicino casa.“ A soli 11 anni, in Etiopia, si può vivere come dei forzati dell’acqua. Per questo Vis con le altre ong della rete Agire (www.agire.it) lavorano a fianco delle popolazioni colpite portando cibo, acqua e interventi sanitari dove è più necessario.

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