Di certo c'è che è stata distrutta la moschea al-Nouri di Mosul, la stessa dove Abu Bakr al-Baghdadi annunciò il 4 luglio del 2014, dopo la conquista della seconda città irachena, la fondazione del “califfato”. Resta però il giallo su chi sia stato a farlo. Il fatto è avvenuto con le truppe della coalizione anti-Deash che si trovano ormai a poche decine di metri dal luogo di culto divenuto icona del jihadismo sunnita. Secondo il portavoce del comando congiunto dell’offensiva in corso a Mosul, Yahya Rasoul, a distruggere la moschea sarebbe stato il Daesh, per evitare che venisse conquistata. Amaq, l’organo di propaganda del Daesh, sostiene invece che la responsabilità si deve a un raid militare americano. Ma il Pentagono nega.
Intanto il segretario Onu Antonio Guterres ha lanciato un appello per la protezione dei civili a Raqqa, la “capitale” nel Nord della Siria del sedicente Califfato che da circa tre settimane è nel mirino di una vasta offensiva lanciata da un’alleanza curdo-araba sostenuta dagli Stati Uniti. «Rivolgo un urgente appello a tutti coloro che conducono operazioni militari in Siria a fare tutto quanto in loro potere per proteggere i civili e le infrastrutture civili, in quanto i combattimenti proseguono a Raqqa», ha spiegato Guterres. «I civili – ha proseguito il segretario – sono intrappolati e affrontano le minacce da ogni direzione. Continuano ad essere uccisi, feriti e sfollati a un ritmo terrificante, mentre gli ospedali e le scuole continuano ad essere colpiti».
La richiesta alle parti belligeranti è di consentire l’accesso ai convogli di aiuti umanitari per raggiungere i siriani che hanno urgente bisogno di cibo e medicine salvavita. Le forze curde controllano – ad oggi – quattro quartieri della città, e sono riuscite ad avanzare lungo la periferia sud, avvicinandosi ad imporre un assedio completo del capoluogo. L’altro ieri, Guterres ha espresso preoccupazione anche per gli interventi dell’aviazione americana in Siria.