Il procuratore internazionale Kharim Khan - Icc - Cpi
Per i capi di Hamas la richiesta di arresto in campo internazionale veniva data per scontata. Ma che un eguale istanza venisse depositata dalla procura dell’Aja contro il premier Israeliano Netanyahu e il ministro della Difesa Gallant non era immaginabile fino a quando il procuratore Khan nel dicembre scorso non ha messo piede in Israele e Palestina, tornando all’Aja con un messaggio: «Nessuno si senta impunito».
E così Benjamin Netanyahu è il primo capo di governo di una democrazia indagato per crimini contro i diritti umani. Il procuratore ha dichiarato di aver richiesto mandati di arresto per il premier, il suo capo della difesa e tre leader di Hamas per presunti crimini di guerra.
Netanyahu e Gallant hanno supervisionato l’offensiva israeliana a Gaza, dopo l’orribile mattanza del 7 ottobre pianificata ed eseguita da Hamas e altri gruppi affiliati. Proprio i tre leader del movimento fondamentalista sono i destinatari del maggior numero di capi di imputazione: Yahya Sinwar, capo di Hamas a Gaza; Mohammed Al-Masri, il comandante in capo dell’ala militare, noto come “Deif”; Ismail Haniyeh, capo dell’Ufficio politico di Hamas e tutt’ora riparato in Qatar. «Ora più che mai dobbiamo dimostrare che il diritto internazionale umanitario, la base fondamentale per la condotta durante i conflitti, si applica a tutti gli individui e si applica allo stesso modo in tutte le situazioni affrontate dal mio ufficio e dal tribunale - ha detto Khan - È così che dimostreremo, in modo tangibile, che le vite di tutti gli esseri umani hanno lo stesso valore». Le accuse contro Netanyahu e Gallant includono la responsabilità di aver affamato deliberatamente i civili come metodo di guerra, di aver causato intenzionalmente grandi sofferenze e di aver ucciso civili intenzionalmente. I leader di Hamas sono accusati di essere responsabili di crimini come lo sterminio e l’omicidio, la presa di ostaggi, la tortura, lo stupro e altri atti di violenza sessuale. Se la richiesta verrà accolta il mandato di arresto sarà emesso e diventerà immediatamente esecutivo. Vuol dire che l’attuale capo del governo israeliano non potrà mettere piede in 124 Paesi del mondo, ad esclusione di una sfilza di autocrazie, dittature, e di potenze come Usa, Cina e Russia.
Da Tel Aviv la reazione è stata furibonda. Il leader dell’opposizione Yair Lapid ha definito la decisione un «disastro». Benny Gantz, ex generale dell’esercito, leader centrista che si è unito al governo di unità ma ritenuto come il predestinato a sostituire Netanyahu, ha definito la richiesta di arresto per il primo ministro e Gallant come «crimine di proporzioni storiche». Gallant ha dichiarato che «Israele non riconosce l'autorità del tribunale». Dopo aver ricordato che Israele «non fa parte della Cpi», Gallant ha sottolineato che «il tentativo del Procuratore Karim Khan di negare il diritto di Israele all'autodifesa e assicurare il rilascio degli ostaggi a Gaza, deve essere respinto chiaramente».
Per la procura «Israele, come tutti gli Stati, ha il diritto di agire per difendere la propria popolazione. Tale diritto, tuttavia, non esime Israele o qualsiasi Stato dall’obbligo di rispettare il diritto internazionale umanitario. A prescindere dagli obiettivi militari che possono avere, i mezzi scelti da Israele per raggiungerli a Gaza - ovvero causare intenzionalmente morte, fame, grandi sofferenze e gravi lesioni al corpo o alla salute della popolazione civile - sono criminali».
Gli Usa protestano. «Rifiutiamo l’equiparazione di Israele con Hamas. E’ vergognosa», ha affermato il segretario di stato Antony Blinken. Fonti dell’Aja ribadiscono però che non vi è alcuna equiparazione, e che come spiega la nota della procura, i capi di imputazione sono distinti. A Israele è in particolare contestata non la reazione contro Hamas, ma di avere «reiteratamente violato il principio di distinzione, precauzione e proporzionalità», nella pur legittima risposta militare.
«Qualsiasi tentativo di fare un parallelo tra questi atroci terroristi e il governo democraticamente eletto di Israele, che lavora per adempiere al suo dovere di difendere e proteggere i suoi cittadini in piena aderenza ai principi del diritto internazionale, è oltraggioso e - ha dichiarato il presidente israeliano Isaac Herzog in un comunicato - non può essere accettato da nessuno».
L’ultima parola spetta però ai tre giudici che hanno in mano il destino giudiziario e la sorte politica di Netanyahu, che ora si trova dover affrontare i guai giudiziari per corruzione in patria e quelli per crimini contro i diritti dell’uomo all’Aja.