Luca Attanasio, ambasciatore italiano in Congo ucciso in un agguato - Imagoeconomica
L'Italia vuole giustizia per l'ambasciatore Attanasio, ma non vuole la pena di morte per i suo presunti assassini. Nel processo in corso a Kinshasa contro i sei accusati per la morte dell’ambasciatore Luca Attanasio (ucciso il 22 febbraio del 2021 in un agguato vicino Goma nell’Est del Congo con il carabiniere Vittorio Iacovacci e il loro autista Mustapha Milambo), lo Stato italiano – parte civile e da tempo impegnato a livello internazionale contro le sentenze capitali – ha chiesto per gli imputati la carcerazione in alternativa alla pena di morte come annunciato più volte in passato.
La richiesta è stata notificata nell’udienza di ieri dedicata alle difese. Martedì scorso l’accusa del Tribunale militare aveva chiesto la pena capitale per i 5 congolesi alla sbarra e un sesto latitante. Anche ieri Salvatore Attanasio, padre del diplomatico ucciso, si è detto invece contrario: «Aggiungere morte a morte non serve a nulla. Se non a portare altro dolore. Noi siamo contrari, Luca sarebbe stato contrario».
Zakia Seddiki Attanasio, moglie dell'ambasciatore italiano ucciso in Congo, contro la pena di morte per i killer del marito - Fotogramma
In campo contro la pena di morte ai presunti killer del marito è scesa anche la vedova. «Ho accolto con grande preoccupazione la richiesta di condanna alla pena di morte per gli imputati, nel processo in corso a Kinshasa, per l'assassinio di Luca, Vittorio e Mustafa», ha detto in una nota Zakia Seddiki Attanasio, moglie dell'ambasciatore italiano ucciso in Congo due anni fa e presidente della Fondazione Mama Sofia, che su Change.org ha lanciato oggi una petizione per dire «no alla pena di morte per i responsabili dell'omicidio di Luca Attanasio».
«Luca era un uomo buono, mosso da profonde motivazioni umanitarie e di elevatissimi ideali. Luca era assolutamente contro la pena di morte. Ne avevamo parlato spesso e desidero testimoniarlo ora, di fronte a questa richiesta di condanna alla pena capitale», dice la vedova, chiedendo «al ministero degli Affari esteri, che era la sua casa, e all'ambasciata d'Italia a Kinshasa, parte civile nel processo, di trasmettere a chi dovrà emettere il giudizio, questo nostro desiderio, questo nostro appello. Luca avrebbe voluto proprio questo».
«Attraverso l'associazione Mama Sofia, di cui sono presidente, ideata e fortemente voluta da Luca, intendo lanciare una raccolta di firme contro la pena di morte. Sono convinta - conclude Saddiki Attanasio - che sia il modo giusto di onorare la memoria di Luca e di promuovere quegli ideali di amore per l'umanità cui egli si è sempre ispirato».
Fra «dieci giorni» si conoscerà comunque la decisione dei giudici congolesi, lo si è appreso da fonti informate sulla decisione della Corte le quali non hanno potuto precisare con esattezza la data. L'annuncio è stato fatto sul finire dell'udienza di oggi.