Elnur Amikishiyev
Le nostre case traboccano di prodotti e dispositivi di vario tipo per l’igiene e la pulizia. Abbiamo un po’ tutti la mania dell’ordine e del lindore. Ma questa corsa “al bianco che più bianco non si può” non nasce dal nulla e forse è indotta anche da campagne studiate a tavolino che dettano mode e tendenze. Al punto che in pubblicità passare il panno per terra può apparire un passatempo intrigante. Il tema è stato affrontato nel libro Pulito! Branding, pubblicità e culture dell’igiene di Ilaria Ventura Bordenca e Giorgia Costanzo (Franco Angeli, 200 pp, 25 euro). A Ventura Bordenca, ricercatrice in Semiotica all’Università degli studi di Palermo, abbiamo rivolto alcune domande per comprendere meglio le ragioni dei nostri comportamenti
Cosa ci dice questa ossessiva ricerca del pulito veicolata dalla pubblicità?
Questa ricerca del pulito è cambiata con il passare del tempo. Prima la ricerca del pulito era una ricerca delle superfici lucide, riflettenti e di un’estetica della casa in ordine che riportava a una certa idea di pulito. Un pulito che naturalmente non è soltanto pulito igienico (cioè l’eliminazione del batterio e dello sporco), ma è una forma di ordine sociale, morale. Pensiamo al significato metaforico che hanno le parole “pulito” e “sporco”. Diciamo, infatti, di una “persona senza macchia”. Quello che abbiamo fatto con questo lavoro, che è molto orientato alla dimensione commerciale di marketing, è evidenziare come invece ci siano anche aspetti culturali, sociali e di ordine in senso molto più ampio.
Perché negli anni Sessanta era in voga la casa a specchio?
Specchiarsi vuol dire rivedere sé stessi e poi è anche una forma di autocontrollo. La superficie specchiata non è impolverata e presuppone uno sguardo che è lo sguardo di chi abita la casa, che quindi si rasserena vedendo la superficie linda e perfettamente luminosa. Forse presuppone anche lo sguardo di chi entra perché possa ammirare l’ordine e la pulizia della casa e anche giudicarla. La gestione del pulito, sia corporeo che domestico, è un problema di regole sociali. Da sempre la regola della casa è che sia pulita.
Oggi più che mai vogliamo pulire anche l’aria del nostro appartamento, come mai?
Complice la pandemia da Covid che ha fatto diventare l’aria un potenziale nemico, oggi la ricerca del pulito è più legata alla purezza dell’aria che respiriamo. Si può dire che abbiamo una consapevolezza diversa. Quindi vengono prodotti aspirapolveri che aspirano le particelle più piccole possibili o purificatori d’aria che hanno fatto cambiare drasticamente la percezione del pericolo in casa. Questa caccia al microbo forse è anche una ricerca di purezza e di sicurezza in senso più ampio. Un modo per tenere a bada il rischio. Il rischio delle malattie, dell’inquinamento, delle allergie… Già solo il fatto di avere in casa un dispositivo che purifica l’ambiente domestico fa pensare che anche nelle proprie stanze ci possano essere dei pericoli. Quindi la relazione con lo sporco e l’infetto è diventata più ansiogena.
Perché lo sporco è diventato un po’ il simbolo del pericolo?
Forse perché lo è sempre stato. Se pensiamo alla storia della cultura e delle religioni ci rendiamo conto che lo sporco è il diverso, quello che è marchiato, che ha una macchia visibile. L’antropologa inglese Mary Douglas diceva che lo sporco è una forma di disordine. Per esempio, la valigia diventa un oggetto sporco se la metto sul letto, ma appoggiata per terra va bene. Lo sporco ha molto a che fare con l’ordine e con le regole sociali.
Siamo diventati più ossessivi rispetto agli Anni Cinquanta-Sessanta?
Oggi andiamo più alla ricerca dello sporco invisibile, il problema è avere il pulito sempre più pulito. Una sorta di ricerca del nemico invisibile, come se ci fosse sempre un livello superiore di pulizia da raggiungere. Altrimenti non si spiegherebbe la commercializzazione di aspirapolveri sempre più tecnologicamente avanzate che non fanno altro che aumentare questa ricerca dell’ambiente più igienizzato. La ricerca spasmodica dell’oggetto pulente è qualcosa che caratterizza l’oggi. Si arriva alla spazzola che pulisce il cane e che contemporaneamente aspira i peli per evitare che cadano per terra.
Ma è così negativa questa ricerca del pulito?
Se diventa un rilancio in avanti di oggetti tecnologici che diventano presto obsoleti direi di sì. D’altra parte più proviamo a tenerci puliti più significa che non vogliamo il contatto con gli altri. Il contatto con gli altri comporta sempre un potenziale rischio e disordine. L’igienismo sociale può essere sempre un po’ pericoloso.