martedì 11 giugno 2024
Ogni fine settimana moglie e marito indossano un camice colorato e un naso rosso per alleggerire la degenza ospedaliera di bambini e anziani. "Una scelta di vita che dà valore allo stare insieme"
Roberta e Marco con la figlia Giorgia

Roberta e Marco con la figlia Giorgia

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Lei lavora di giorno, lui lavora di notte. Nel fine settimana indossano un camice colorato e un naso rosso, e vanno ad alleggerire la degenza ospedaliera di bambini e anziani. Stelle filanti, bolle di sapone e palloncini. Roberta Barbarossa, 35 anni, ingegnere gestionale, e il marito Marco Gallo, 35, elettricista, sono volontari nella sezione torinese dell'associazione Vip - ViviamoInPositivo: 4.200 clown che prestano servizio in oltre 200 strutture ospedaliere e sanitarie in tutta Italia. Nel 2018 Roberta è diventata clown di corsia, nome da risata, Cirilla; Marco, nome da risata Javalone, all'epoca ancora fidanzato, l'ha seguita l'anno successivo. «Desideravo fare attività di volontariato, ma senza l'esempio di Roberta, credo che non mi sarei mai deciso. Lei mi ha spronato a provarci».

«Poco dopo l'adesione di Marco, è scoppiata la pandemia, che ha portato con sé tutta una serie di restrizioni nell'accesso alle strutture sanitarie. Così abbiamo deciso di dedicarci a curare le pagine social dell'associazione. Ci siamo inventati sketch, filastrocche, giochi a distanza, per intrattenere i pazienti che non potevamo più incontrare di persona», racconta Roberta. Nel 2022 l'accesso agli ospedali è stato ripristinato, ma quei due anni sono stati anche una presa di consapevolezza. «Il Covid ci ha insegnato il valore del tempo - riprende Roberta -. Prima pensavamo solo al lavoro, come se non ci fosse tempo per nulla. Invece, ci siamo accorti che basta decidere come usarlo. Il tempo che dedichiamo ai servizi lo chiamiamo tempo liberato. E io credo che condividere con Marco questo tempo liberato sia un valore aggiunto del nostro essere marito e moglie. Non sottrae nulla alla coppia, anzi, aumenta il valore dello stare insieme. È uno stare insieme diverso, perché non siamo solo noi due, ma è questo il bello. Due anni fa abbiamo organizzato il pranzo di Natale con tutti gli altri clown. Lì ci siamo resi conto che questa grande "famiglia” con cui condividiamo valori fondamentali, è una componente aggiuntiva del nostro legame».

Il matrimonio è stato celebrato nel 2020 a Catania, città di origine di Roberta, nel 2022 è nata Giorgia, clownina in itinere. «Questo ci ha un po' rallentato nell'attività in reparto - dice Marco, che è anche nel direttivo di Vip -. Però cerchiamo di impegnarci nei cosiddetti servizi extraospedalieri. Per esempio, ci hanno invitati a rallegrare una corsa organizzata per Telethon; abbiamo partecipato a una giornata di sensibilizzazione sulla distrofia muscolare. All'aperto, dove non c'è contatto diretto con i pazienti, possiamo portare anche Giorgia». Mentre chiacchieriamo, la clownina si fa sentire. «È una bimba molto vispa e attiva, quindi sta volentieri con la gente, è partecipe. È andata all'asilo molto presto, perciò ha sviluppato una sua buona autonomia. D'altra parte, io di autonomia ne so qualcosa. Sono arrivata in Piemonte dalla Sicilia per studiare, a 21 anni. In questo, mi assomiglia. Non mi assomiglia per niente, invece, fisicamente. Io nera, riccia, tipicamente sicula, lei bionda, tutta papà», aggiunge Roberta, che la solidarietà l'ha respirata in casa fin da piccola.

«I miei genitori fanno parte della Comunità Papa Giovanni XXIII, perciò sono sempre stati aperti all'affido. Ho molti “fratelli”. Mia madre è educatrice sociale, mio papà e mio fratello lavorano nella cooperazione sociale. Io sono l'unica che è uscita fuori dal seminato. Eppure, anche se l'ingegnere un po' per antonomasia, è niente cuore e solo ragione, per quanto mi riguarda, l'altruismo che ho vissuto in casa, l'ho portato con me. Ma non mi piace dire che “aiuto il prossimo“, perché è un donarsi reciproco. È molto di più quello che ci restituiscono i pazienti di quello che possiamo offrire noi a loro».

C'è la storia familiare, ma c'è anche dell'altro. «Io la chiamo Dio incidenza - dice ancora Roberta -. Io e Marco siamo credenti. Ci siamo sposati in chiesa, tra l'altro, il 19 settembre 2020, coda dell'apertura estiva dell'anno Covid. Probabilmente tra i pochi che ci sono riusciti, senza dover cambiare data. E, naturalmente, abbiamo battezzato nostra figlia. Noi pensiamo che ci sia un disegno di Dio per la nostra famiglia e anche un'assistenza particolare». «Uno zio di papà è salesiano, quindi sono cresciuto in mezzo ai figli di don Bosco - aggiunge Marco, torinese di origine -. E papà ha sempre dato una mano in parrocchia».

Prestando servizio in reparti molto difficili come può essere un'oncologia pediatrica, non c'è il rischio di portarsi a casa il peso di quello che si è vissuto? «Ogni servizio si conclude con una condivisione di gruppo - spiega Marco -. Questo aiuta molto a scaricare subito le preoccupazioni, i pensieri negativi. Tendenzialmente, a casa non porti niente. Ma, se dovesse succedere, perché magari hai incontrato il bambino che ti ha colpito, che non riesci a dimenticare, io e Roberta abbiamo imparato a dividere il peso».

Se nel menage familiare scappa una lite, il naso rosso può contribuire a far tornare l'armonia? «Con Roberta è difficile litigare - dice ancora Marco -. Lei butta tutto in caciara, proprio come fa un vero clown. Così anche se ci arrabbiamo, poco dopo scoppiamo a ridere». «Il naso rosso ci aiuta a smorzare le tensioni, ci fa vedere le cose da un punto di vista diverso, ci aiuta a riflettere, e ci fa tornare il sorriso», conclude Roberta.

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