domenica 26 gennaio 2025
Simone Lanza, insegnante esperto di tecnologie digitali: per l’apprendimento serve sempre la presenza di un adulto. Lasciati soli guardano solo video di intrattenimento (75%) o videogiochi (15%)
«Imparano sullo smartphone? No, un falso mito»

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Come cresceranno i bambini che oggi passano gran parte della loro infanzia davanti a uno schermo? In che modo sta cambiando il loro modo di apprendere e di relazionarsi con gli altri? Sono alcune delle domande cui vuole rispondere il saggio di Simone Lanza appena uscito da Armando Editore L’attenzione contesa. Come il tempo schermo modifica l’infanzia (pp. 223, 20 euro). L’autore, insegnante di scuola primaria, collaboratore del Centro Benessere digitale dell’Università Bicocca di Milano e tra i promotori della Rete dei Patti Digitali, propone un percorso lucido e documentato che mette in discussione molti falsi miti su cui si è basata fino a oggi l’educazione all’uso della tecnologia.

Il tempo dedicato allo schermo da parte dei più piccoli è cresciuto costantemente, a scapito di altre attività essenziali per la crescita come il sonno, la lettura o il gioco. Eppure sono ormai dimostrati da numerose ricerche - citate nel volume gli effetti dannosi dell’uso precoce degli schermi sull’attenzione, l’acquisizione del linguaggio, il sonno e la vista, con un documentato aumento dei casi di miopia nei più giovani. Va considerato poi che l’utilizzo prevalente di questi schermi è il puro intrattenimento. Nella media – sono dati statunitensi – un bambino tra 0 e 8 anni guarda per il 75% video perlopiù brevi e per il 15% utilizza videogiochi, mentre il restante 10% include qualche app educativa e chat. Dunque il primo mito da sfatare è quello che gli schermi, in età così bassa, possano davvero servire a imparare.

«I contenuti che passano sono per la maggior parte video ripetitivi, poveri e pensati con altre finalità, non certo quella di favorire l’apprendimento – spiega Lanza -. Prendiamo il caso del linguaggio: ormai le ricerche hanno dimostrato in modo chiaro che tra 0 e 5 anni non s’impara a parlare attraverso uno schermo. L’apprendimento di una lingua passa per un canale emotivo e multisensoriale, che si attiva soltanto mediante lo scambio diretto con una persona in carne e ossa. Anche in altri ambiti si è sperimentato quello che gli scienziati chiamano “video-deficit” ovvero il fatto che - prosegue l’esperto - da soli davanti allo schermo non s’impara nulla, c’è sempre la necessità dell’accompagnamento e della mediazione di un adulto. Andando avanti con l’età, invece, le cose cambiano e l’utilizzo del video può avere effetti diversi». Come può testimoniare chiunque abbia a che fare con bambini anche molto piccoli, gli schermi hanno uno straordinario potere di attrazione, tanto che spesso vengono usati proprio con l’intento di tranquillizzarli.

Ma catturare l’attenzione non significa svilupparla. «Un bicchiere di vetro dato in mano a un bambino di tre anni è in grado di sviluppare l’attenzione, come sosteneva Maria Montessori. – spiega Lanza –. E lo fa meglio di qualsiasi dispositivo tecnologico perché spinge il piccolo a rendersi conto di quanto avviene attorno a lui e aver cura degli oggetti che si trova maneggiare, per evitare di combinare disastri». Certo, istintivamente nessun genitore metterebbe in mano un oggetto fragile a un bimbo di quell’età, mentre la stessa cautela non la si osserva quando si tratta di schermi. La riflessione di Maria Montessori, per quanto estrema, è quindi un utilissimo spunto di riflessione su un tema che forse troppo spesso abbiamo trascurato e che rimette in primo piano il ruolo decisivo degli adulti.

«Gli schemi non sono indispensabili – spiega lo studioso non vanno per forza introdotti nei primi anni di vita. È da smitizzare l’idea che possano essere sempre usati in modo consapevole. Facciamo un paragone con il vino: certo che lo si può bere, ma prima di una certa età non lo daremmo ai nostri figli. Gli schermi sono meno pericolosi del vino, ma hanno meccanismi che creano dipendenza e vanno quindi introdotti con gradualità. Inoltre più sono piccoli, più tale effetto è rilevante, perciò lo smartphone sarebbe in assoluto l’ultimo schermo da inserire nella vita di un bambino».

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