Ricordare i defunti - DavidReed / Pixabay
Perché è così importante spiegare il lutto ai bambini? «Loro comprendono, si pongono delle domande e, laddove non hanno degli interlocutori, si fanno delle idee in solitudine che spesso li possono affliggere. Parlare della morte significa abituarsi all’idea che qualcosa possa finire, che ci siano delle perdite e un altro luogo, quello della memoria e del ricordo, in cui i piccoli possano trovare conforto e anche una ragione della perdita ricevuta». Lo spiega la psicologa Paola Bastianoni, docente all’Università di Ferrara e responsabile del Laboratorio universitario di ricerca “Uno sguardo al cielo. Percorso di avvicinamento all’elaborazione del lutto” (www.unosguardoalcielo.com). Insieme all’illustratore Marco D’Alessandro, ha curato il cofanetto Accompagnare le perdite, (La meridiana) per offrire «a genitori ed educatori, ma anche a fratelli, sorelle, nonni e babysitter», uno strumento per la comprensione ed elaborazione del lutto per bambini dai 3 ai 6 anni.
«Composto da 5 narrazioni, il cofanetto è nato nel contesto educativo delle aule di Psicologia dinamica, Psicologia clinica e Psicopatologia dello sviluppo dell’Università di Ferrara. I futuri educatori dovranno confrontarsi con le grandi domande dei bambini, come quelle sulla morte: la perdita è un’esperienza comune che tutti possono incontrare, anche i più piccoli. In questo contesto i nostri studenti sono stati abituati a usare creatività, immaginazione, competenza e capacità narrativa per parlare ai bambini, quindi hanno selezionato alcuni dei prodotti realizzati in aula».
Le storie illustrate «consentono di ascoltare una narrazione in cui riconoscersi, potersi rappresentare, sentire delle emozioni che le parole riescono a trasmettere». E le immagini fanno «vedere, anche quando il linguaggio è ancora in divenire: i bambini possono navigare nella loro fantasia e negli avvenimenti della vita quotidiana, come la morte. La perdita fa parte di quello che succede e la vita ha sempre la necessità di essere narrata».
La morte resta ancora «un grande tabù per noi adulti, forse l’ultimo da decostruire e sdoganare. Il primo passaggio è costruire una cultura condivisa in cui non sia uno spauracchio, qualcosa di indicibile, ma un avvenimento a cui abituarsi», osserva Bastianoni. «Familiarizzare con la morte è uno degli obiettivi principali in campo educativo: significa anche essere capaci di pronunciare parole, raccontare storie, trasmettere un messaggio potente. Nessun legame importante muore davvero, ma ha una sua natura infinita che è quella dell’amore». In realtà «siamo abituati fin dalla prima infanzia a separarci: la separazione è un processo necessario che prevede la capacità di interiorizzare, simbolizzare». Come adulti consapevoli, «narrare la morte è anche un atto di coraggio e confidenza: i bambini ringrazieranno».