Bambini al Museo del Policlinico di Milano - Archivio
Vicini, seduti sul pavimento della sala, i bambini spalancano gli occhi davanti ai grandi quadri appesi alle pareti. Ascoltano assorti la narrazione, intervengono, fanno domande. Poi li aspetta la sorpresa più grande: una caccia al tesoro tra i dipinti. A turno estraggono un oggetto da una cesta e, divertiti, si mettono a cercare l’opera alla quale quell’oggetto si riferisce. E non finisce qui. Dopo il gioco i piccoli ospiti vengono accompagnati nell’archivio del museo dove parteciperanno a un particolare laboratorio, realizzando il loro autoritratto. È un’uscita scolastica davvero speciale per questi ventiquattro bambini, come speciale è il luogo che li riceve.
Ci troviamo nello spazio espositivo “I tesori della Ca’ Granda”, ospitato in via Francesco Sforza 28, sede anche dell’Archivio Storico del Policlinico di Milano, nel pieno centro della città. Le cinque sale della galleria raccolgono una mostra permanente, a ingresso gratuito, che racconta secoli di storia di beneficenza milanese. Sì, perché all’interno dell’allestimento voluto dalla Fondazione Ca’ Granda del Policlinico, ci sono le opere che sono state eseguite a seguito delle donazioni di pazienti illustri. Dagli inizi del Seicento infatti l’Ospedale decise di ricompensare i benefattori con un ritratto commissionato ai più grandi pittori del tempo. Così, nella selezione delle 23 opere esposte, si scoprono, tra le altre, le tele di Francesco Hayez, di Carlo Carrà, di Mario Sironi e il pezzo forte: l’unico ritratto su commissione realizzato da Giovanni Segantini. Ma altrettanto straordinario è il progetto per cui questi giovanissimi sono qui. Si chiama “InsegnaMI l’arte. Milano, la Ca’ Granda e la sua Quadreria raccontate ai bambini”, ed è promosso dall’Associazione Mirasole- Istituto di antropologia per la cultura della persona e della famiglia. Un’attività avviata in risposta al bando Cariplo “Alla scoperta della cultura. Avvicinare bambine e bambini ai luoghi della cultura e della comunità”.
Dallo scorso mese di ottobre, dal lunedì al giovedì, una classe di bambini di età compresa tra i sette e gli undici anni, trascorre un’intera mattinata al museo, seguendo un programma che mescola gioco e conoscenza, grazie alla presenza di una guida esperta, tutta dedicata a loro. Protagonisti del programma sono i piccoli di quattro periferie milanesi: Gratosoglio, Ripamonti, Bovisa e Bovisasca. Un progetto importante, a partire dai numeri. Sono 500 i bambini coinvolti nell’iniziativa, alunne e alunni delle scuole elementari, ventiquattro le nazionalità rappresentate, con diverse classi in cui tutti gli studenti sono figli di genitori immigrati. «L’obiettivo è promuovere il senso di appartenenza alla città dei bambini delle periferie, facendo del patrimonio culturale lo strumento privilegiato », informa Paola Tettamanzi, anima dell’iniziativa e responsabile delle attività e dei progetti di ricerca dell’associazione. «Si tratta di un programma pilota, con il quale abbiamo voluto sperimentare un nuovo percorso di inclusione, un ponte tra i bambini delle periferie e la storia della città: una relazione che è ancora fragile ma che diventa sempre più necessaria. Abbiamo puntato sull’educazione dei bambini, che saranno i cittadini di domani, convinti che l’arte sia uno strumento formidabile per sviluppare il senso di appartenenza e di identità civica».
Paola Tettamanzi sottolinea poi quanto sia importante per i bimbi vivere questa esperienza all’interno di un contesto come quello della Ca’ Granda. «L’Ospedale dei milanesi ha saputo aiutare e curare le persone più bisognose, malati e orfani, diventando nei secoli un simbolo di accoglienza. Scoprirlo significa, per i più piccoli, sentirsi parte di una cultura fatta di bellezza, solidarietà e dono, contro i luoghi comuni che troppo spesso la rappresentano solo come competitiva e consumistica».
Un ruolo unico quello che l’Ospedale Maggiore, nato come Spedale dei Poveri nel 1456 per volere di Francesco Sforza, ha sempre avuto per il capoluogo lombardo, come ribadisce Paolo Galimberti, responsabile del museo, che è stato inaugurato nel 2019, e nel 2021 ha ricevuto il riconoscimento regionale. «Ciò che ancora ci distingue è il forte legame tra l’ospedale e la città, un vincolo che manteniamo vivo anche grazie a questi importanti progetti di formazione alla cittadinanza». «Prossimamente organizzeremo un grande evento conclusivo e ci sarà anche una mostra con i ritratti ese-guiti dai bambini che hanno partecipato alle visite», fa sapere la responsabile del progetto che terminerà nei prossimi giorni. Gli organizzatori si augurano già di poter replicare l’esperienza, anche alla luce dell’entusiasmo manifestato dai ragazzi e dal consenso espresso dagli 80 insegnanti coinvolti.
«Siamo orgogliosi della riuscita di questa avventura e felici di aver contribuito ad avvicinare la vita delle periferie a quella della città», commenta l’avvocato Leonardo Salvemini, presidente dell’Istituto di antropologia. « La nostra associazione è una piccola realtà ma è grande l’impegno che mettiamo ogni giorno per migliorare la società in questo periodo di emergenza educativa e sociale». E conclude: « Il nostro progetto dimostra come attraverso l’arte sia possibile promuovere non solo l’inclusione sociale, ma anche il senso civico, l’appartenenza e la pace. Ce l’hanno fatto capire questi bambini, felici di trascorrere il loro tempo in mezzo alle opere d’arte e scoprendo con gioia di essere parte di un’unica cultura e di una stessa città»