mercoledì 31 gennaio 2024
L'ente organizza anche quest'anno un concorso rivolto agli studenti: l'obiettivo è coinvolgerli attivamente nello studio di materie scientifiche. In palio fondi da destinare a laboratori
Con Fondazione Diasorin scuole «pazze per la scienza»

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«Scienziato non è chi dà le giuste risposte: è chi pone le giuste domande», diceva Claude Levi-Strauss. L’obiettivo della Fondazione DiaSorin è far crescere nei giovani la passione per la scienza con un concorso che mette a disposizione fondi per realizzare laboratori all’avanguardia nelle scuole. Finora la Fondazione ha investito più di un milione di euro, ha rinnovato 13 laboratori, premiato 18 delle 550 scuole che hanno partecipato alle sette edizioni del concorso. L’ottava, il cui bando di partecipazione si è chiuso il 29 novembre, ha raccolto 135 domande da tutta Italia, 50 delle quali sono state selezionate per la seconda fase.

«Il concorso è nato da un’idea dell’amministratore delegato Carlo Rosa di Diasorin che, rammaricandosi dello scarso interesse dei figli verso la scienza, pensò a come incuriosire i giovani con un progetto concreto, facendoli diventare “Matti” da qui il nome “Mad for science” – racconta la presidente della Fondazione Diasorin Francesca Pasinelli –. In Italia si studia molto sui libri ma manca la parte applicativa. Il concorso è nato come programma di responsabilità sociale di DiaSorin, multinazionale italiana da 50 anni leader nel mercato della diagnostica di laboratorio, nel 2016 e poi dal 2020 per “gemmazione” è nata la Fondazione omonima».

L’obiettivo è creare laboratori adeguati ma anche mantenerli in vita, rifornendoli di strumentazioni e materiali mentre per i docenti e il personale di laboratorio sono previsti corsi di formazione continua.

«È interessante notare che abbiamo ricevuto domande da tutte le Regioni, tranne la Valle d’Aosta. Ce ne sono cinque (Lombardia, Lazio, Campania, Sicilia e Puglia) che fanno la parte del leone – spiega ancora Pasinelli –. Alle 50 scuole semifinaliste viene chiesto di elaborare un progetto. Devo dire che negli anni è stato entusiasmante vedere la reazione delle scuole, con un impegno extrascolastico considerevole sia per gli studenti che per gli insegnanti. Infatti il ministero dell’Istruzione ha riconosciuto ai ragazzi il percorso Pcto per le ore dedicate».

Il progetto è un lavoro di squadra, fatto ufficialmente da cinque studenti ma in realtà da intere classi, e la difficoltà è anche quella di saperlo presentare in maniera adeguata, e di creare relazioni con le università e le aziende del territorio. Un percorso di crescita e una sfida per i ragazzi, con l’obiettivo di premiare il merito e non di applicare le logiche spartitorie. Alcune scuole, ad esempio, dopo una prima bocciatura si sono ripresentate e hanno vinto.

Quest’anno il tema è particolarmente ampio e «colorato». Le biotecnologie rosse, gialle e bianche per la salute delle persone e dell’ambiente. Nel codice delle biotecnologie il colore giallo è legato all’alimentazione, e si lega ad esempio al contrasto alla povertà nel mondo, quello rosso alla salute delle persone e quello bianco ai processi industriali e produttivi. Alle scuole viene chiesto di instaurare una collaborazione con almeno un ente scientifico del territorio e sviluppare cinque esperimenti da realizzare nel nuovo laboratorio. Gli otto progetti finalisti vengono presentati a Torino (ci sono state due edizioni da remoto durante la pandemia) nel corso di un’iniziativa aperta al pubblico.

Il montepremi anche quest’anno sarà di 200mila euro: il vincitore riceverà 75mila euro, il secondo classificato 54mila e il terzo 30mila. Agli otto finalisti verrà comunque riservato un premio di consolazione di 10mila euro. La valutazione dei progetti è affidata ad una commissione fatta da professionisti e docenti universitari e i tempi di “messa a terra” sono rapidi: nel giro di sei-dieci mesi i laboratori vengono allestiti.

«Negli anni una forte partecipazione di scuole in centri minori, in provincia c’è molto sostegno, molta partecipazione da parte della comunità – spiega Pasinelli –. Un elemento molto bello per i ragazzi, soprattutto per quelli dell’ultimo anno, è l’idea di lasciare un’eredità ai compagni. Lo trovo un atto generoso e lungimirante, un tributo alla scuola e ai professori».

I progetti vincitori delle scorse edizioni hanno toccato diversi aspetti del variegato mondo delle biotecnologie, partendo sempre dal territorio. Gli studenti del liceo scientifico Galileo Galilei di Catania, vincitori nel 2023, hanno studiato i lieviti per produrre una protezione naturale, di solito si usano agenti chimici, sulla buccia delle arance che prevenisse la formazione di muffa. I ragazzi del liceo scientifico di Mugnano (Napoli) hanno affrontato il tema delle biomasse, in particolare l’ipotesi di usare scarti da cui produrre biocarburanti e bioplastiche grazie all’azione di enzimi, studiando il modello della solfatara di Pozzuoli. Molte città di mare hanno fatto progetti sulla flora e la fauna marina. Il liceo scientifico Valsalice di Torino ha stato elaborato un progetto per la bioconversione degli scarti della mensa scolastica grazie alle larve di mosca in filati per realizzare tessuti.

«Questo progetto rappresenta un piccolo mattoncino nella strategia di avvicinare i giovani alle competenze Stem che sono un’area fondamentale per il nostro futuro – conclude la presidente della Fondazione DiaSorin – . Ha l’obiettivo ambizioso di accrescere la “cittadinanza scientifica” che è fondamentale. I benefici della scienza sono davanti agli occhi, basti pensare a cosa è avvenuto durante la pandemia. Occorre educare i giovani a porsi domande sulla veridicità delle fonti a saper riconoscere le fake news e il pensiero anti-scientifico».

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