martedì 15 novembre 2016
Le riserve riguardano la riscrittura del budget comune, necessario per il funzionamento della Ue da qui sino al 2020.
Primo veto dell'Italia sul bilancio Ue
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L'Italia punta i piedi e presenta le sue "riserve" sulle proposte di correzione del bilancio comunitario pluriennale. Un primo passo formale verso un veto che potrà, nel caso, essere posto al prossimo Consiglio affari generali.

Le riserve - non un vero vero e proprio, perché non si è votato, ma resta pur sempre una forte posizione politica di disaccordo - riguardano la riscrittura del budget comune, necessario per il funzionamento della Ue da qui sino al 2020.

La posizione italiana è stata annunciata dal sottosegretario per gli Affari europei, Sandro Gozi, all'inizio dei lavori del Consiglio Affari generali, e confermata dalla presidenza di turno del Consiglio Ue al termine della riunione, finita con un nulla di fatto proprio per le resistenze italiane. Per poter procedere alla modifica del bilancio comune infatti occorre l'unanimità, ma nonostante "l'ampia maggioranza" degli Stati membri sulla proposta di modifica, "permangono le resistenze dell'Italia e l'astensione del Regno Unito", ha ammesso Ivan Korcok, ministro degli Esteri e degli Affari europei della Slovacchia, Paese che ha la presidenza di turno.

Una situazione che consente comunque di continuare i lavori per il bilancio 2017, visto che per l'approvazione del budget per un singolo anno è richiesto il voto a maggioranza, ma non quelli per il budget di bilancio pluriennale.

La Slovacchia ha proposto agli Stati di mettere a disposizione altri 6 miliardi per sostenere le spese delle "principali priorità", vale a dire la gestione dei flussi migratori, gestione delle frontiere esterne, politiche per l'occupazione e la crescita. Solo per l'iniziativa giovani, il programma concepito per promuovere l'occupazione giovanile, si chiede di mettere 1,2 miliardi in più di qui al 2020, mentre si propongono 100 milioni in più per Erasmus+, il programma di scambio studio. La Slovacchia ritiene che alla fine l'Italia si convincerà e toglierà la riserve. "Ha bisogno di più tempo", ha detto Korkoc. Intanto però il dossier resta fermo.

In realtà l'Italia chiede maggiori stanziamenti per migranti e calamità naturali. «Non siamo quelli che lasciano una parte del continente, segnatamente una parte del popolo siciliano, ad accollarsi il problema dell'immigrazione», ha spiegato il premier Matteo Renzi nel pomeriggio parlando a Catania. L'Unione lascia soli i siciliani "e poi riempie di soldi i Paesi europei che non accettano non soltanto un accordo da loro firmato, ma con i nostri soldi alzano i muri": il riferimento è a Ungheria, Polonia, Slovacchia, Repubblica Ceca...

Non è la prima volta che l'Italia batte i pugni sul tavolo: il caso più eclatante è accaduto il 26 giugno 2012. Il governo Monti minacciò il veto dell'intero pacchetto di misure se non avesse avuto il via libera allo scuso anti-spread. Stessa trafila con il bilancio 2014-2020: dopo 27 ore di negoziato l'Italia riuscì a salvarsi dai pesanti tagli annunciati, salvaguardando i fondi per sviluppo rurale e coesione.

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