"L'Europa è nata con le Università e la crisi delle Università può farla morire. È necessario ripensare in primo luogo l'Europa del sapere. Partendo da due concetti sostanziali: merito e giovani. Solo puntando su creatività e innovazione riusciremo a vincere questa sfida decisiva per il Paese". Ha iniziato così la sua prima assemblea generale il neo-presidente della Crui (Conferenza dei rettori delle Università italiane),
Stefano Paleari. E dopo aver appreso le notizie che vengono dalla Grecia, non poteva essere altrimenti: 12.500 dipendenti delle Università, ai quali la Crui esprime la propria piena solidarietà, verranno licenziati. Si tratta di 1.350 alla prima tornata. Almeno otto Atenei sono a rischio chiusura. Nella migliore delle ipotesi non riusciranno a dare avvio all’anno accademico. Un destino che attende anche le Università Italiane? Per scongiurare questo pericolo il primo atto formale della Crui presieduta da Paleari è stato l’invio di una lettera al presidente del Consiglio e al ministro dell’Università."La lettera nasce all’interno di una situazione drammatica – ha sottolineato Paleari –. Negli ultimi anni abbiamo perso un miliardo su sette. Stiamo parlando di uno dei finanziamenti per l’Università più bassi d’Europa. Questo ha significato una riduzione di 10mila unità di chi insegna e fa ricerca. E un conseguente decremento dei laureati, che ormai sono di più di dieci punti percentuali sotto la media europea. Un numero a titolo esemplificativo: l’Università della Basilicata ha quest’anno 800 nuovi iscritti, l’anno scorso ne aveva 1.500. Di questo passo il punto di arrivo mi sembra evidente". In quest’ottica, attraverso la lettera, la Crui chiede al Governo un intervento tempestivo. Servono subito:• 100 milioni ai migliori nella valutazione della ricerca – Di fatto il taglio ereditato nei bilanci dell’Università per il 2013, pari a quasi 400 milioni (il 4,5% in meno rispetto al 2012), impedirà di premiare chi si è meglio comportato. Rendendo inutile l’immenso lavoro di Atenei e Anvur;• Un piano per i giovani ricercatori che ne arresti l’emorragia, altrimenti ogni richiamo alla crescita risulterà vano - I dati ci dicono che abbiamo quattro addetti alla ricerca ogni 1.000 occupati. La Francia ne ha nove. Germania e Regno Unito otto. Persino la Spagna sette. Solo per passare da quattro a cinque avremmo bisogno di 20mila ricercatori "Su questi due punti chiediamo al Governo un segnale immediato. Da inserire nella prossima Legge di Stabilità – aggiunge Paleari – Da anni merito e giovani sono trascurati. La Grecia non è più così lontana".