A rischio 75mila dipendenti di Stellantis - Ansa
Soltanto gli stabilimenti di Pomigliano d’Arco (Napoli) e Atessa (Chieti) possono vantare un aumento di auto e veicoli commerciali prodotti. In sostanza si allontana l’obiettivo di un milione di veicoli. Nei primi tre mesi del 2024, dopo due anni di crescita i dati di produzione del Gruppo Stellantis in Italia segnano un'inversione di tendenza rispetto allo stesso periodo dell'anno precedente con un calo del 9,8%. Lo certifica il report presentato ieri dal segretario generale della Fim Cisl Ferdinando Uliano.
Nel primo trimestre, infatti, sono state prodotte, tra autovetture e furgoni commerciali, 170.415 unità contro le 188.910 del 2023. «Se questo livello sarà confermato nei prossimi mesi e gli incentivi non invertono la tendenza, la produzione complessiva, inclusi i veicoli commerciali, si attesterà poco sopra le 630 mila unità e ben al di sotto delle 751mila del 2023», spiega Uliano. In dettaglio, la produzione di autovetture segna un -23,8%, pari a 105.255, mentre quello relativo ai veicoli commerciali segna una crescita del 28,5%, in termini di volumi pari a circa 14.460 veicoli commerciali in più. «Negli stabilimenti di produzione delle auto abbiamo riscontrato una situazione particolarmente negativa – osserva Uliano –. Fatta eccezione per lo stabilimento di Pomigliano d'Arco che rappresenta più della metà della produzione totale e dove si registra una crescita del +26% rispetto al 1° trimestre 2023, gli altri quattro stabilimenti dimezzano la produzione auto con flessioni molto significative».
La produzione «è sicuramente condizionata anche dal ritardo degli incentivi per le auto ecologiche. Il Polo produttivo di Mirafiori perde la spinta della 500 elettrica che aveva caratterizzato la salita produttiva degli ultimi tre anni, compensando il continuo calo delle Maserati. Gli stabilimenti di Melfi e Cassino subiscono l'attesa verso la transizione alle future produzioni sulle due nuove piattaforme Stla Medium e Stla Large previste a partire rispettivamente dalla fine 2024 e dalla prima metà 2025». Invece i veicoli commerciali di Atessa dopo due anni di flessione negativa, ritornano a dare un contributo positivo e importante ai volumi complessivi. Uliano ricorda l'importanza di aver attivato un tavolo di settore con il coinvolgimento di tutti gli attori della filiera dell’auto: «Per affrontare le transizioni in atto nell’automotive è importante indirizzare le risorse disponibili in maniera precisa con investimenti. Certo siamo tutti d’accordo sugli obiettivi di aumento della produzione, ma dobbiamo stabilire i tempi di realizzazione».
«Per quanto riguarda i sei miliardi di euro rimasti (rispetto agli otto che costituivano il fondo dell’auto) – fa notare il segretario della Fim Cisl – devono essere usati non solo per gli incentivi all’acquisto, ma per investire sull’offerta, cioè sull’industria e sulla filiera della componentistica, che altrimenti rischierebbe un forte ridimensionamento ». Uliano invita a creare «concretamente le condizioni di sviluppo e di crescita dei volumi produttivi e occupazionali, per gli stabilimenti Stellantis in Italia e per il settore della componentistica. Bisogna utilizzare le risorse per la reindustrializzazione, indispensabili per evitare l’impatto negativo di oltre 75mila lavoratori nel comparto auto a seguito del cambio delle motorizzazioni».
«L’accordo di sviluppo del settore dell’auto dovrà porsi l’obiettivo di accorciare la catena di fornitura, portando in Italia le produzioni di tutta la componentistica che rappresenterà l’auto del futuro: dai semiconduttori alle batterie ai componenti necessari per la motorizzazione elettrica, per la guida autonoma, per la digitalizzazione e la connettività. Senza un piano preciso e condiviso per la transizione industriale attivabile immediatamente, il rischio licenziamento e desertificazione industriale diventa certezza», conclude il segretario della Fim Cisl.