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La Banca centrale europea si è presa una pausa e lo scorso giovedì ha evitato di alzare i tassi per l’undicesima volta consecutiva. Gli effetti indiretti della stretta monetaria più decisa da quando esiste la moneta unica però si stanno facendo già sentire in maniera pesante sulle imprese, soprattutto quelle più piccole.
In banca un problema di liquidità
Il totale dei prestiti alle società non finanziarie, dicono gli ultimi dati raccolti da Banca d’Italia, è diminuito di 54 miliardi di euro solo nell’ultimo anno, scendendo a 625 miliardi complessivi. Non è soltanto una questione di interessi troppo alti che scoraggiano le imprese. Con l’aumento del costo del denaro la crescita dei tassi finali sul credito, per quanto brusca, è naturale. Tra agosto 2022 e agosto 2023, l’interesse medio sui nuovi prestiti fino a un milione di euro alle società non finanziarie è balzato dal 2,24 al 5,65%. Ma per effetto dell’inflazione molte aziende hanno visto aumentare i ricavi (e non solo i costi): come ha segnalato nei mesi scorsi la stessa Bce, non sono rari i casi di imprenditori che in questa fase hanno potuto aumentare i margini di guadagno.
Il problema del calo del credito alle micro-imprese, quelle con un fatturato annuo sotto i 2 milioni di euro, sta più alla fonte, in dinamiche interne al mondo bancario. «C’è una carenza di liquidità per due ragioni» dice Roberto Nicastro, banchiere che dopo l’uscita da UniCredit nel 2015 ha gestito i salvataggi delle quattro banche liquidate con l’intervento pubblico nel 2015. Oggi Nicastro è presidente di Banca AideXa, fintech che ha cofondato nel 2020 con Federico Sforza, altro ex manager UniCredit, ed è anche advisor per l’Italia del fondo Cerberus. La prima ragione del calo della liquidità è stata la necessità di restituire alla Bce i fondi del Tltro, il programma con cui la banca centrale negli anni passati ha finanziato a basso costo le banche vincolando però i finanziamenti al credito alle imprese.
Le banche italiane erano arrivate a raccogliere 450 miliardi di euro di finanziamenti partecipando al terzo programma del Tltro, che ha un calendario di rimborsi che si chiude a settembre del 2024. A giugno le banche italiane hanno restituito 137 miliardi di euro alla Bce e restano loro 174 miliardi da rimborsare da qui al prossimo anno. Gli istituti non hanno avuto problemi a restituire il denaro alla Bce ma senza quei fondi hanno comunque meno liquidità a disposizione.
La seconda ragione sottolineata da Nicastro è il calo della raccolta dovuto all’aumento dei tassi. Le grandi banche hanno preferito non partecipare alla corsa al rilancio dei conti deposito, che erano quasi spariti negli anni dei tassi a zero e ora sono tornati in voga. Nello stesso tempo, la raccolta soffre la sempre più forte concorrenza di strumenti come i Btp Italia o i Btp Valore.
I primi tagli alle micro-imprese
Davanti a un calo della liquidità fisiologico, le banche hanno sacrificato prima di tutto il credito più complicato: cioè quello alle micro-imprese, che non hanno quasi mai business plan e sono più laboriose da gestire. «Dal nostro osservatorio privilegiato vediamo che sulle micro-imprese è già in corso da tempo un credit crunch, una stretta creditizia, che secondo i dati delle ultime settimane rischia di allargarsi alle imprese piccole, quelle con fatturato fino a dieci milioni di euro» avverte Nicastro.
Per una banca come AideXa questa situazione offre anche opportunità: la domanda di credito da soddisfare tra le imprese più piccole continua a crescere di mese in mese. AideXa, tra l’altro, ha saputo creare un modello che integra spazio digitale e fisico: utilizza sistemi di intelligenza artificiale e machine learning per valutare il merito di credito in tempi molto brevi, ma nello stesso tempo grazie a una serie di accordi con realtà come mediatori Confidi e Poste Italiane ha una presenza capillare sul territorio. «Abbiamo l’obiettivo di creare un operatore specializzato sulle micro e piccole imprese, arrivare al break even nel 2024 e riuscire a diventare un punto di riferimento collaborando anche con le altre banche» spiega il presidente.
L'incognita del sistema di garanzie al credito per le imprese
Per non complicare questo credit crunch sulle piccole imprese occorre che rimanga in piedi il sistema di garanzie rafforzato durante la pandemia. Le domande presentate al Fondo di garanzia per le Pmi continuano ad essere numerose: 119mila quelle accolte nella prima metà di quest’anno, per un importo finanziato totale di 22,4 miliardi di euro. Si parla poco di questo strumento ora che si lavora alla legge di Bilancio del 2024, ma una sua conferma è importante per sostenere le imprese. «Chiediamo che il legislatore abbia attenzione per le micro e le piccole imprese – conclude Nicastro –. Deve restare una copertura a garanzia, altrimenti il credit crunch sarebbe ancora più critico. E se lo Stato è costretto a stanziare meno risorse, sarebbe utile prevedere una progressività inversa della garanzia a seconda della dimensione delle imprese, per rendere più efficiente questo strumento».