Lo slogan risale agli anni ’70: 'Lavorare meno, lavorare tutti'. E dopo quattro decenni comincia a essere una realtà che si fa strada in Spagna, paese pioniere nella sperimentazione su vasta scala della settimana lavorativa di quattro giorni, assieme all’ingresso del 'minimo vital', ponte verso il salario universale. Le due misure sollecitate da papa Francesco per superare la crisi economica e sociale aggravata dalla pandemia. La prova pilota comincerà ufficialmente nel 2022 e durerà tre anni in 200 imprese, su base volontaria. Lavorare per un totale di 32 ore la settimana, rispetto alle 40 attuali, mantenendo i livelli retributivi e guadagnare in produttività, è la sfida. Alla quale il governo di coalizione progressista guidato da Pedro Sánchez ha destinato nella nuova manovra finanziaria 50 milioni di euro in incentivi per le imprese che parteciperanno al test. Serviranno a contrattare più lavoratori, compensare eventuali perdite e coprire i costi di digitalizzazione.
Spinta da Mas Madrid – il piccolo partito nato dalla scissione da Podemos – l’iniziativa doveva partire inizialmente da quest’anno. Ed è già una realtà in aziende come il marchio della moda Desigual o la tecnologica Software Deisol , che è stata la prima ad adottare la settimana sul 'modello scandinavo', nel gennaio 2020. Con l’organizzazione di due 'blocchi' di personale, che si alternano i lunedì e i venerdì, e la piena soddisfazione di dipendenti e datori di lavoro, grazie alla crescita del 20% del fatturato e del 30% della produttività, l’assenteismo dimezzato e la minore mobilità in uscita.
In Desigual, è stato l’85% dei 500 dipendenti a scegliere in referendum la riduzione della settimana lavorativa da 39,5 a 34,5 ore, in cambio di una diminuzione del 6,5% del salario. Ai tre giorni liberi, dal venerdì a domenica, si aggiunge un quarto in cui potranno lavorare in smart working. «Ma il nostro progetto punta a mantenere il salario integro» rileva Héctor Tejero, portavoce di Mas Madrid al Congresso, che aspira ad estendere la settimana super corta anche al settore pubblico.
Il 'modello scandinavo' esportato per contrastare la crisi occupazionale innescata dalla pandemia In alcune aziende, da Disegual a Software Deisol, è gia una realtà che funziona Primo esempio al Sud: 36 ore invece delle canoniche 40 e smartworking. E la produttività sale
Un lavoro più dignitoso per tutti, con più spazio per la vita privata e maggiori opportunità di ricambio per le nuove generazioni: il 76% degli spagnoli – secondo le stime dell’Ine – crede che le imprese debbano rivedere l’orario lavorativo e chiede di essere valutato per i risultati e non per il tempo dedicato all’attività.
La settimana corta di quattro giorni farebbe bene anche all’ambiente, riducendo i trasferimenti dei lavoratori, evidenziano le associazioni ecologiste, soprattutto dopo che, con la pandemia, il telelavoro ha cambiato la routine di molti professionisti. Dal 1º ottobre scorso anche 153 impiegati del gigante delle Tlc, Telefonica España (uno scarso 0,8% dell’organico di 18mila persone) hanno aderito al programma pilota di 32 ore dal lunedì al giovedì, i cui costi saranno suddivisi fra compagnia e dipendenti: la prima abbonerà il 20% della perdita di un quinto del salario, per cui il taglio finale sarà del 16%.
E mentre il dibattito trasversale si estende anche in Francia, sulla scia dei risultati positivi della sperimentazione di tre anni fatta in Islanda, non mancano ovviamente i detrattori. Nel caso iberico, fra gli altri, il direttore tecnico di Asempleo , Alejando Constanzo per il quale l’introduzione della settimana flessibile, «va realizzata con consenso nell’ambito della contrattazione collettiva». Perché non siano i lavoratori o l’amministrazione, già gravata dal pesante debito pubblico, a farne le spese.