È impossibile parlare di competenze nel 2018 senza accennare alla questione dell'automazione. Con l'intelligenza artificiale (Ia) e la robotica impiegate a un ritmo sempre più veloce in una vasta gamma di settori industriali, molti dipendenti sono comprensibilmente preoccupati di ciò che questo può significare per il loro futuro sul posto di lavoro. In una precedente ricerca che Adp Italia ha svolto con il supporto scientifico di The European House Ambrosetti, si stima che in Italia la percentuale di occupati a rischio automazione sia pari al 14,9%, ovvero 3,2 milioni di persone. Tra i settori maggiormente esposti alla sostituzione uomo-macchina vi sarebbero agricoltura e pesca (25%), commercio (20%) e industria manifatturiera (19%). Attualmente nel nostro Paese abbiamo 160 robot industriali ogni 10mila dipendenti manifatturieri.
Con la nuova indagine Work Force Europe 2018 condotta da Adp - leader mondiale nella gestione del capitale umano - su oltre 10mila lavoratori nel continente, di cui 1.300 dipendenti in Italia - si è posta invece l’attenzione su quelli che sono i timori dei lavoratori europei e italiani verso l’automazione.
Quasi un terzo (28%) della forza lavoro in Europa dice di essere preoccupato che il proprio lavoro verrà automatizzato nel futuro. Detto ciò, pochi intervistati ritengono che questo cambiamento sia imminente, con solo uno su cinquanta (2%) che teme che il proprio lavoro diventi automatizzato o di essere sostituito da un robot nel prossimo anno. Tuttavia, il numero sale al 15% di coloro che ritengono che succederà fra cinque anni e più di un quarto (28%) fra dieci anni.
Esistono alcune differenze significative da un paese all’altro. I lavoratori italiani sono quelli più preoccupati per l'automazione, infatti il 41,7% crede che il loro lavoro sarà automatizzato in futuro. Anche quelli del Regno Unito sono più preoccupati della media (32%), mentre solo un quinto dei lavoratori svizzeri (20%) e polacchi (20%) ritiene che questo avverrà nei prossimi anni. Le preoccupazioni sull’automazione sono maggiori tra i più giovani: in particolare tra gli intervistati dai 16 ai 24 anni, quasi quattro su dieci (il 39%) temono che il loro lavoro venga automatizzato, rispetto al 18% a coloro di età superiore ai 55 anni. Ciò potrebbe essere dovuto al fatto che i giovani sono meno affermati nella loro carriera e hanno una vita lavorativa più lunga che li aspetta, ma dimostra certamente che l'impatto dell'IA è già saldamente presente nelle loro menti.
Con tanti lavoratori che potranno trovarsi a rischio di licenziamento a causa della tecnologia, la riqualificazione e l'aggiornamento della forza lavoro contribuiranno a garantire le competenze richieste dal nuovo mondo del lavoro. È quindi incoraggiante che più di un terzo degli intervistati (37%) affermi che la loro organizzazione lo stia già facendo e un ulteriore 15% pensi che il loro datore di lavoro lo stia progettando. Tuttavia, ciò lascia quasi la metà (48%) dei lavoratori con la prospettiva di essere sostituiti in un futuro non troppo lontano, se il loro datore di lavoro non agisce rapidamente.
I datori di lavoro in Italia sono quelli più propensi (66%) a riqualificare i loro dipendenti, mentre quelli in Svizzera lo sono meno (31%). Tra i vari settori, i datori di lavoro IT e delle telecomunicazioni sono i più lungimiranti quando si tratta dell’aggiornamento delle competenze dei lavoratori in vista di un futuro automatizzato (61%).
I lavoratori italiani sono quelli più preoccupati per l'automazione, infatti il 41,7% crede che il loro lavoro sarà prima o poi automizzato. Detto questo sono pochi gli italiani che pensano che ciò accadrà a breve, la maggior parte (il 18%) pensa accadrà fra dieci anni circa mentre solo il 2,8% fra 1 anno e il 7% fra due anni. Come è logico che sia, sono i giovani a essere più preoccupati: teme di essere sostituito il 68% dei ragazzi nella fascia 16-24, ma dai 45 anni in su ci crede solo il 31%, meno della metà. Tra i 25 e 34 anni l’automazione preoccupa il 47,5% degli italiani, nella successiva fascia 35-44 il 44,6%.
Per il 65,6% circa degli italiani la propria azienda sta preparando i lavoratori all'automazione: il 45% dichiara che la riqualificazione è già in atto mentre il 20% sa che è pianificata per il futuro. La fiducia verso la propria azienda è molto alta dai 16 ai 34 anni (73%) ma scende al 65% tra i 35-44, al 54% tra i 45 e 54 (percentuale più bassa) e al 57,8% sopra i 55 anni.
«La continua evoluzione tecnologica e le numerose funzioni delegabili alle macchine, potrebbero far pensare che sia vicino l’avvento della sostituzione dell’uomo con la macchina, mettendo a rischio milioni di posti di lavoro, rimpiazzati da robot – dichiara Virginia Magliulo, general manager di Adp Italia -. In realtà, la tecnologia nelle sue declinazioni più innovative abilita un nuovo modo di concepire il concetto stesso di lavoro, indipendentemente dal settore di attività o dalle mansioni svolte. Il lavoratore in futuro sarà sempre più messo in relazione con una macchina, nello svolgimento di mansioni tanto nel settore manifatturiero quanto in quello dei servizi. La nostra ricerca Adp 5.0, ha stimato che l’evoluzione tecnologica non comporterà solo la scomparsa di alcune mansioni lavorative, ma sarà capace anche di generare nuovi posti di lavoro: per ogni posto di lavoro nato nei settori legati alla tecnologia, alle life science e alla ricerca scientifica si stima che siano generati – per effetti diretti, indiretti e indotti – ulteriori 2,1 posti di lavoro. Per restare al passo dell’evoluzione tecnologica e sfruttare pienamente le sue potenzialità in ambito lavorativo, occorre però sviluppare nuove skill su più fronti, a seconda del settore di attività: ad esempio, dalle competenze in materia di cybersecurity, connettività e design engineering per i ruoli nelle aree legate a Progettazione, Produzione e Logistica, fino alle competenze in materia di business intelligence, search engine optimization e gestione di blog e social network per i ruoli di natura amministrativa o commerciale».
Tra gli italiani, con una percentuale del 69%, si sono dimostrati i più preoccupati coloro che lavorano nel settore arte e cultura. Può sembrare strano, ma pensiamo per esempio a come si stia riducendo l’utilizzo delle guide nei musei a favore delle audioguide. Seguono con il 58% coloro che lavorano nei servizi finanziari e con il 54% chi si occupa invece di It e telecomunicazioni.