giovedì 3 ottobre 2013
​L'Italia è in ritardo in Europa, ma aumentano i telelavoratori (+8%) ed entro il 2015 un'impresa su tre consentirà ai dipendenti di lavorare a distanza.
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​Telelavoro, flessibilità oraria, riorganizzazione degli spazi e utilizzo di device digitali per la comunicazione e la collaborazione in azienda, mettendo in discussione i vincoli tradizionali alla ricerca di nuovi equilibri fondati su una maggiore libertà e responsabilizzazione dei lavoratori.L'adozione di modelli di lavoro orientati allo Smart Working e l’impiego delle soluzioni Ict può far risparmiare 37 miliardi di euro alle imprese italiane, grazie all'aumento della produttività e della qualità del lavoro e alla riduzione dei costi di gestione, migliorando nel contempo la soddisfazione e il coinvolgimento dei dipendenti. E' quanto emerge dalla Ricerca dell'Osservatorio Smart Working della School of Management del Politecnico di Milano (www.osservatori.net).Secondo la Ricerca - realizzata attraverso il coinvolgimento di circa 600 aziende operanti in Italia e 1.000 utenti business - con la diffusione di modelli di Smart Working le imprese italiane potrebbero ottenere unbeneficio di almeno 27 miliardi di euro, grazie ad un incremento medio di produttività del 5,5%. Alla base di questa stima c’è il miglioramento del 3,5% della produttività ottenibile attraverso una diffusione del telelavoro in linea con quella dei Paesi avanzati, una riduzione dello 0,5% dei viaggi di lavoro inutili grazie a strumenti web/video conference e un aumento dell'1,5% della produttività del lavoro in mobilità grazie a device mobili. Vantaggi economici a cui è possibile aggiungere un risparmio di costi diretti per le imprese di circa dieci miliardi di euro, grazie a una riorganizzazione degli spazi di lavoro accompagnata da policy di flessibilità di orario e luogo di lavoro e ad una riduzione delle spese delle trasferte con strumenti di web/video conference.Inoltre, l'introduzione del telelavoro e la conseguente riduzione degli spostamenti dei lavoratori possono produrre risparmi economici per i cittadini pari a circa quattro miliardi di euro (circa 550 euro per lavoratore all'anno) e a una riduzione di emissioni di CO2 pari a circa 1,5 milioni di tonnellate l'anno."I benefici potenziali dell'adozione di modelli di Smart Working sono troppo importanti per potersi permettere di non sviluppare immediatamente un piano di interventi in grado di migliorare la competitività e la sostenibilità economica delle imprese - afferma Mariano Corso, responsabile scientifico dell’Osservatorio Smart Working della School of Management del Politecnico di Milano - I casi di successo dimostrano come nuovi approcci organizzativi possano contribuire a creare un ambiente di lavoro efficace per le imprese e al tempo stesso per i lavoratori e per la società nel complesso. Per adottare un modello di lavoro 'smart', l'impresa deve ripensare in modo congiunto e coerente le policy organizzative sulla flessibilità di orario e di luogo di lavoro, i comportamenti e gli stili di leadership, il layout fisico degli spazi e l'utilizzo delle tecnologie digitali, che supportano nuovi modi di lavorare, facilitano la comunicazione, la collaborazione e la creazione di relazioni professionali tra colleghi e con figure esterne all’organizzazione".

Il ritardo dell'Italia: PMI ancora poco smartNel confronto internazionale, l'Italia appare in ritardo nell'adozione di modelli orientati allo Smart Working. Ad esempio, riguardo al telelavoro si posiziona al 25° posto su 27 Nazioni europee nell'ultima classifica UE (2005). Ed oggi, mentre sempre più Paesi progrediscono (in Norvegia la percentuale di aziende che permette il telelavoro è raddoppiata dal 2003 al 2007), sembra essere rimasta al palo, lontana dal colmare il gap: nel 2013 la percentuale dei telelavoratori per più di un quarto del loro tempo lavorativo è pari a solo il 6,1%. Ma sembra notarsi finalmente un primo cambio di tendenza: nell'ultimo anno la percentuale di telelavoratori (almeno occasionali) è aumentata dell'8%, passando dal 17% del 2012 al 25% nel 2013.

"Alla base del gap italiano rispetto agli altri Paesi europei nella diffusione del telelavoro, vi è una normativa pesante e restrittiva, una visione miope e rigida nelle relazioni industriali e una cultura del lavoro pesantemente gerarchica – afferma Mariano Corso - Inoltre, nel percorso d'innovazione organizzativa, l’Italia sembra frenata dalla grande presenza di imprese medio-piccole con modelli di lavoro ancora molto tradizionali".

La ricerca dell’Osservatorio Smart Working infatti mette in luce come nelle PMI la flessibilità nell'orario di lavoro sia presente nel 25% delle imprese, ma venga offerta a tutti i dipendenti solo nel 10% dei casi; il telelavoro sia presente nel 20% delle imprese, ma sia concesso a tutti i dipendenti in meno del 2% dei casi. Nelle grandi aziende italiane, invece, la situazione è diversa: la diffusione della flessibilità nell'orario di lavoro è circa il triplo delle PMI, quella del telelavoro doppia. Oltre ad avere policy organizzative mediamente più flessibili, le grandi aziende si distinguono per una maggior attenzione all’innovazione del layout fisico degli spazi di lavoro: circa un'impresa di grandi dimensioni su due ha in atto iniziative di riprogettazione degli edifici con la creazione di ambienti maggiormente aperti, flessibili e orientati alla collaborazione e al benessere delle persone (aree destinate alla collaborazione, open space, postazioni non riservate alle singole persone e/o riconfigurabili, aree di relax,…).

L'arretratezza dei modelli di lavoro in Italia si riflette in una limitata soddisfazione dei lavoratori, in particolare riguardo alla flessibilità del luogo e degli orari di lavoro: circa un terzo degli utenti business si dichiara poco o per nulla soddisfatto su questo fronte, ritenendo che una percentuale in media il 40% delle proprie attività potrebbe essere svolta efficacemente al di fuori della sede di lavoro.Smartphone e tablet personali come strumento di lavoroSempre più grandi imprese in Italia consentono ai loro dipendenti di utilizzare dispositivi personali per attività lavorative: le previsioni indicano che si passerà dall’attuale 23% al 33% nel 2015. Mentre quelle che consentiranno l’utilizzo di applicazioni personali per lavorare saranno il 26% nel 2015, rispetto 15% attuale.“Le tecnologie ICT attuali, grazie alle loro caratteristiche di portabilità, accessibilità e adattabilità, permettono di rispondere alle nuove esigenze delle persone, abilitando sempre più modelli di lavoro orientati allo Smart Working - spiega Mariano Corso - Nella loro diffusione in azienda oggi concorre la consumerizzazione di dispositivi e strumenti digitali, che sono sempre più alla portata di tutti. Cavalcare l'innovazione digitale è un passo necessario per colmare il gap fra le aspettative dei lavoratori italiani sulle tecnologie e quello che le aziende invece offrono loro”. Il 92% dei lavoratori dichiara, infatti, di non essere completamente soddisfatto dei propri strumenti e dispositivi informatici e il 64% ritiene di avere device personali come personal computer, smartphone e tablet, migliori di quelli forniti dall’azienda. Inoltre, il 40% dei lavoratori fa uso di strumenti consumer come Voice/Video Communication (57%) e Social Network (70%) per supportare le esigenze professionali poiché ritiene che gli strumenti a disposizione non consentano di accedere velocemente alle informazioni o di comunicare in modo efficace.

Nel prossimo futuro, sono in ambito Mobile e Social le iniziative che influenzeranno di più il modo di lavorare delle persone. Nel biennio 2014-2015 infatti il 71% delle grandi aziende prospetta un incremento del budget da destinare all'acquisto di nuovi mobile device come i tablet per incoraggiare la crescita deiMobile Worker. Già oggi, metà degli utenti business trascorre parte del proprio tempo lavorativo in mobilità e nell'ultimo anno sono aumentate del 3% le persone che lavorano fuori dall'ufficio per almeno un quarto del tempo. Di questi, la grande maggioranza utilizza già device mobile e/o servizi mobile per l'accesso a contenuti e strumenti di lavoro come mobile office, documentazione e applicazioni operative (65%) che consentono un aumento di produttività medio da loro stimato intorno al 60%.Il 48% delle grandi aziende inoltre prevede un aumento del budget in iniziative di Social Computing e il 47% in quelle di Unified Communication & Collaboration. Infine, saranno sempre più impiegate le applicazioni erogate in modalità Cloud: il 73% delle grandi aziende prevede di destinare a tali iniziative un budget crescente e che già ad oggi una buona parte degli utenti business usa (31%) o è interessata (39%) a servizi Cloud per il backup di dati e storage (Dropbox, iCloud etc) in ambito professionale.

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