Con la pandemia cambiano le relazioni sul posto di lavoro - Archivio
Il 2020 è stato un anno del tutto imprevedibile. Anche il mondo delle risorse umane si è dovuto adattare al difficile periodo, passando nei fatti dalla dimensione reale a quella virtuale. Nonostante le difficoltà, i reparti Hr hanno ricoperto un ruolo fondamentale nel garantire la continuità aziendale, lavorando a stretto contatto con il management per supportare tutte le decisioni strategiche sulla gestione del personale. Molto probabilmente dovremo convivere con qualche forma di restrizione legata alla pandemia fino all’inizio dell’estate 2021. Insieme con Geoffroy de Lestrange, International Product Marketing & Communication Director di Cornerstone OnDemand, scopriamo dunque le sei tendenze chiave per il 2021 con cui i team Hr dovranno misurarsi.
1. Le persone al primo posto
Le aziende devono continuare a prendersi cura dei propri dipendenti in un periodo così stressante e incerto. Supportare i propri dipendenti sarà più importante che mai, anche una volta terminata la pandemia. L’attenzione verso le persone deve rimanere il fulcro di tutti i programmi e le iniziative Hr. Se la pandemia ci ha insegnato qualcosa è che i membri del nostro staff sono più che semplici dipendenti. È grazie a loro che le attività aziendali procedono senza intoppi: se non ci fossero, non funzionerebbe nulla. A prescindere dalla situazione, le persone devono sentirsi psicologicamente al sicuro, protette dai propri datori di lavoro e devono poter parlare apertamente sapendo di essere ascoltate.
2. Tolleranza zero per la mancanza di trasparenza
Con lo scoppio della pandemia, quasi tutte le imprese hanno dovuto ricorrere a qualche tipo di taglio: ferie obbligate, riduzione degli orari di lavoro, licenziamenti. Per i dipendenti in ferie forzate o con orario ridotto, la comunicazione trasparente è stata fondamentale per aiutarli a capire cosa ci si aspettava da loro e le possibili evoluzioni in futuro. In una crisi globale, la trasparenza è più che comunicare i cambiamenti: è permettere alle persone di accedere alle informazioni di cui hanno bisogno, non solo quelle che l’azienda ritiene di dover condividere (es. comunicare alle persone quanti altri colleghi hanno subito lo stesso trattamento o informarle sull’andamento dell’azienda evidenziando le ripercussioni finanziarie della pandemia). Crisi o no, è giusto pretendere la trasparenza ed è un trend che non si fermerà.
3. Trasformazione pragmatica e innovazione
Per le aziende, uno dei risvolti positivi della pandemia è stata la spinta verso l’innovazione digitale. Nel 2021, la digitalizzazione avrà caratteristiche molto diverse. Da un lato, le aziende saranno sempre più caute. Gli effetti della pandemia non sono finiti e le perdite finanziarie non sono ancora scongiurate. I budget non saranno gli stessi e gli investimenti in tecnologie e software potrebbero non essere all’ordine del giorno per tutti. Il focus dei manager si sposterà principalmente su Kpi (indicatore di prestazione) e Roi (indice di redditività) nel valutare qualsiasi investimento. Dall’altro lato, ci sarà una maggiore apertura al cambiamento, perché ora i vantaggi che questo può portare con sé sono sotto gli occhi di tutti. Resta il fatto che qualsiasi intenzione di apportare un cambiamento dovrà essere orientata al business e misurata fin dall’inizio per ricevere l’approvazione interna.
4. Capacità di adattamento e rapido sviluppo delle competenze
Le competenze di una persona media hanno un ciclo di vita pari a circa cinque anni, ma con la spinta all’innovazione provocata dalla pandemia questo lasso di tempo potrebbe diventare ancora più breve del previsto. In effetti, la necessità di acquisire nuove competenze è già largamente sentita: una recente indagine dimostra che il 30% degli intervistati teme che il proprio lavoro diventi superfluo nei prossimi anni, mentre più del 75% teme i cambiamenti futuri riguardanti il proprio ruolo a seguito della crisi. Moltissime aziende hanno già fatto passi da gigante nell’innovare i propri servizi e renderli a prova di futuro. Questa capacità di adattamento nasce dall’acquisizione di competenze nuove o più avanzate per stimolare il pensiero innovativo e creativo: una cosa che probabilmente vedremo sempre più nel 2021.
5. Contenuti in stile Tik Tok per la formazione professionale
In vista del prossimo anno, le aziende devono continuare ad adattare i contenuti formativi se vogliono soddisfare le esigenze in costante mutamento. Quest’anno c’è stata una forte spinta a trasferire tutto nello spazio virtuale ed è l’occasione perfetta per riflettere se non sia meglio offrire contenuti sotto forma di brevi video, pillole di formazione “super concentrate” in formati che ricalcano i social media o quiz rapidi. Stiamo assistendo a una forte ascesa dei contenuti “edutain”, a metà strada tra formazione e intrattenimento, utilissimi per memorizzare le informazioni.
6. Deglobalizzazione: una realtà ineluttabile
Se da un lato ci sentiamo tutti più connessi con partner stranieri grazie all’impennata degli strumenti collaborativi, dall’altro è probabile che le cose cambino nel 2021. Tra le aziende c’è una tendenza sempre più diffusa a lavorare a un livello più locale. Il coronavirus ha già avuto un enorme impatto sulla filiera mondiale e questo ha incoraggiato lo spostamento dal piano globale a quello domestico. Spostando le operazioni produttive da stabilimenti esteri a stabilimenti locali, l’Hr avrà molti ostacoli da superare. Questo cambiamento implica la necessità di assumere persone che riempiano i posti vacanti nelle sedi locali, con un conseguente aumento delle attività di recruiting e onboarding. Queste nuove assunzioni implicheranno a loro volta un impegno molto gravoso dal punto di vista formativo, perché spesso si richiede esperienza precedente in un ruolo simile, cosa che però è quasi impossibile in questo caso, trattandosi di attività eseguite soprattutto all’estero: il potenziale skill gap è dietro l’angolo. Per aiutare a colmarlo, è probabile che le aziende guardino al proprio interno. Infatti, da una recente indagine Cornerstone è emerso che, secondo la metà dei dirigenti, lo sviluppo dei talenti interni sarà il mezzo principale per permette all’azienda di colmare il divario di competenze nei prossimi anni.