martedì 28 aprile 2020
“Generazione Proteo”, l’Osservatorio della Link Campus University, presenta un’anticipazione dei risultati dell’VIII Rapporto, con un focus dedicato all’emergenza Coronavirus e alla didattica
Giovani alla Link Campus University

Giovani alla Link Campus University - Archivio

COMMENTA E CONDIVIDI

Promossa la didattica a distanza, ma i nostalgici delle lezioni nelle tradizionali aule scolastiche sono in tanti e si fanno sentire. Ad ascoltare la loro voce è l’Osservatorio “Generazione Proteo” che ha diffuso un’anticipazione dei risultati del suo VIII Rapporto di ricerca che in queste settimane ha visto coinvolte migliaia di studenti intervistati di età compresa tra i 16 e i 19 anni sull’intero territorio nazionale. Dell’indagine, ancora in corso, l’Osservatorio permanente sui giovani della Link Campus University ha reso noti i primi risultati e le risposte di circa 3mila giovani finora intervistati sull’esperienza del blocco imposto dall’emergenza Coronavirus. Promossa la didattica a distanza, ma quanto ci manca la “cara vecchia scuola”. Sotto esame innanzitutto la didattica a distanza: il complessivo 36% di studenti valuta positivamente l’esperienza finora vissuta, da un lato perché funzionale all’avanzamento dei programmi di studio e della preparazione (20,6%), dall’altro perché ritenuta una preziosa occasione per riscoprire l’importanza delle tecnologie e del loro servizio alla scuola e alla didattica (15,4%). Vi è poi il 43,2% di intervistati che, pur giudicando positivamente l’esperienza finora vissuta, dichiara di sentire la mancanza della didattica in presenza. Sul versante opposto dei giudizi si colloca invece quel complessivo 21% di studenti che chiamano in causa l’impreparazione di scuole e docenti ad affrontare e accogliere una sfida così importante (12,5%) e che sono contrari a priori alle lezioni a distanza (8,3%).

«Le risposte degli studenti – dichiara il sociologo Nicola Ferrigni, direttore dell’Osservatorio “Generazione Proteo” – premiano l’impegno delle scuole e soprattutto dei docenti chiamati in queste settimane in prima linea ad affrontare e arginare un’emergenza che corre sullo stesso binario di quella sanitaria. Tuttavia la scuola è un meraviglioso universo in cui la didattica occupa certamente uno spazio importante, ma non esclusivo. La scuola è anche relazione, socializzazione, emozioni, rituali: tutti elementi che, con la didattica, concorrono alla crescita dei nostri giovani. La voce degli studenti nostalgici delle lezioni in presenza – continua Ferrigni – rappresenta dunque una sfida nella sfida, che necessita di essere ascoltata e accolta: in considerazione di un prolungamento delle attuali misure a presidio della didattica, occorre riflettere adeguatamente su organizzazione, modalità, tempi e strumenti, al fine di ristabilire l’equilibrio dell’universo-scuola».

La cultura viaggia sul web. Ad affiancare scuola e docenti in questo difficile percorso concorrono anche i canali tematici del servizio pubblico radiotelevisivo, come Rai Scuola e Rai Cultura, utilizzati dal 23% circa di intervistati per reperire materiali didattici, nonostante appaia non trascurabile la percentuale di studenti – pari al 16,3% – che non ne conoscevano l’esistenza. Il bisogno di cultura da parte dei giovani trova inoltre adeguata risposta anche da parte del web, oltre che della televisione: impossibilitati a frequentare concerti, mostre, teatri, ben uno studente su tre dichiara di aver usufruito di streaming tv o web di concerti o session live musicali (30,1%) o ancora di letture di romanzi, novelle o poesie (30,8%); 1 su 5 (21,6%) ha invece assistito a mostre, esposizioni o tour virtuali.

Le giornate al tempo del Covid-19. Ma la didattica a distanza non ha solo ridefinito modalità e strumenti di trasmissione e apprendimento del sapere. «Il lockdown forzato e le lezioni a distanza – continua Ferrigni – hanno stravolto tempi e ritmi del vivere quotidiano: la scuola rappresenta in qualche modo il metronomo della giornata degli studenti, in assenza della quale i giovani oggi vivono una sorta di conflitto per il quale da un lato percepiscono l’assenza di qualcosa che prima c’era e dall’altra scoprono (o riscoprono) qualcosa che prima non c’era». I giovani infatti – nel pieno di un’emergenza che circa la metà di loro (47,2%) ritiene essere stata inizialmente sottovalutata – riorganizzano oggi le proprie attività e stabiliscono nuove priorità. Con la chiusura delle scuole, se 1 studente su 4 (27,6%) trascorre il proprio tempo guardando film e serie tv, il 12,3% dichiara di impegnarsi maggiormente nella lettura, laddove il 17,6% ne approfitta per dedicare più tempo alla propria famiglia. Il maggior tempo a disposizione non si è tradotto in un abuso di videogames (10,1%) o social network (9,1%).

#DistantiMaUniti: liberi e altruisti nonostante le distanze. D’altra parte, le limitazioni di questi mesi sono state per i giovani uno strumento e un’occasione per riscoprire l’importanza della libertà (25,8%) e del tempo (34,7%), sia quello per se stessi (18,6%) che quello per la propria famiglia (16,1%), prima ancora che delle tecnologie (3,6%), che pure hanno giocato (e continueranno a giocare) un ruolo fondamentale nella gestione dell’emergenza. E tra le paure che una situazione come quella che stiamo vivendo porta con sé, primeggiano il contagio di un familiare (37,8%) o di un amico (15,4%), mentre spaventa meno l’eventualità di essere coinvolto in prima persona (5,7%).

«La ricerca mostra come il distanziamento sociale e la riorganizzazione dei tempi di vita – conclude il sociologo Ferrigni – hanno imposto ai giovani di ripensare la propria gerarchia di bisogni e desideri. Per utilizzare un gioco di parole, “fermando il tempo, i giovani hanno riscoperto la dimensione del tempo”. Il risultato è stata dunque una riformulazione dell’universo e dell’orizzonte valoriale per cui la dimensione affettiva, emozionale e relazionale, in un contesto di limitazioni e misure stringenti, è stata anteposta a quella materiale e ludica. La famiglia, gli amici e le relazioni assumono infatti una nuova centralità, ed è proprio questa nuova dimensione affettiva e valoriale che caratterizzerà il dna della nuova società post-Coronavirus».

La tv che non ti aspetti e i social “privati”. Una sezione specifica del questionario è dedicata al tema dell’informazione durante l’emergenza Coronavirus. In questo momento in cui la vita scorre tra le mura domestiche, la televisione viene scelta e indicata dai più giovani quale principale fonte di informazione (52,8%), attraverso telegiornali e programmi di approfondimento. Ciononostante, i giovani esprimono un giudizio critico nei confronti del sistema dell’informazione: uno studente su tre (33,8%) ritiene infatti che racconti solo “quello che ci vuole raccontare”, in molti casi aumentando il senso di paura e di insicurezza (15,7%). Solo il 26,2% degli intervistati si affida invece ai social network per informarsi su quanto sta accadendo.

«Nel panorama delle fonti informative – osserva Marica Spalletta, sociologa dei media e vicedirettore dell’Osservatorio – la televisione sembrerebbe riappropriarsi di uno spazio per molti versi sconosciuto nella quotidianità dei giovani che al suo racconto si affidano per tenersi informati sull’emergenza. Per contro i social network sembrano perdere la propria connotazione “informativa” per trasformarsi esclusivamente in uno spazio di partecipazione: essi acquisiscono infatti una dimensione strettamente privata e relazionale e diventano uno strumento per sentirsi meno soli e più vicini con chi è lontano».

© Riproduzione riservata
COMMENTA E CONDIVIDI

ARGOMENTI: