Nuove prospettive per i giovani emigranti italiani - Ansa
La ripartenza del sistema Italia non può prescindere dal contributo che i giovani trasferitisi all’estero per cogliere opportunità occupazionali che altrimenti non avrebbero avuto, sono disposti a dare, rientrando a lavorare in Italia. Questo anche se è molto forte la consapevolezza che la crisi creatasi con la pandemia avrà tempi lunghi e il lavoro costituirà la primaria occupazione. In questo contesto, la politica, le imprese, il mondo accademico debbono mettere a fattore comune le rispettive competenze per creare le condizioni migliori affinché questa migrazione di ritorno abbia effettivamente corso. È quanto emerge dal confronto tenutosi a Roma in occasione della presentazione della ricerca Covid-19 - L’impatto sui giovani talenti, condotta dal Centro Studi Pwc, diretto da Sandro Bicocchi, su iniziativa congiunta di Talents in Motion, Pwc e Fondazione Con il Sud. La ricerca, condotta nel pieno della fase acuta della pandemia attraverso la piattaforma Linkedin, aveva l’obiettivo di comprendere come la pandemia abbia influenzato stili di vita, percorsi professionali e aspettative dei talenti italiani con un profilo internazionale. L’elevato numero di risposte ricevute (1.104) conferma quanto il tema sia sentito proprio dai giovani talenti italiani. Il campione della ricerca comprendeva il 95% di residenti all’estero (30% nel regno Unito), il 74% di età compresa tra i 18 e i 35 anni, il 57% uomini e il 43% donne, l’83% con laurea e master e il 7% dottorato provenienti da: Lombardia (17,2%), Veneto (9,3%), Lazio (7,4%), Piemonte e Sicilia (7,1), Emilia Romagna (6,9%), Toscana (5,4%), Campania (5%), Puglia (4%), Marche (2,8%) Calabria e Trentino Alto Adige (2,6%) Friuli Venezia Giulia (2,4%) Liguria (2,2%), Abruzzo (2,1%), Sardegna (2%), Umbria (1,4%), Basilicata e Molise (0,5%) e Valle d’Aosta (0,3%). L’11,3% del campione è di provenienza estera. Le azioni messe in campo dal governo italiano sono percepite come maggiormente efficaci di quelle dell’Unione europea, nel rispondere alla crisi Covid-19. La risposta del governo italiano è diffusamente percepita come una delle migliori dopo quella tedesca. Oltre il 40% dei talenti italiani prevede grandi cambiamenti nel proprio stile di vita. Gli impatti più forti sono attesi nel mondo del lavoro. Per il 75% la crisi post Covid-19 sarà lunga, coinvolgendo tutto il 2021. Per un talento su cinque, il Covid-19 aumenta la propensione dei giovani espatriati a tornare in Italia, aprendo così opportunità a livello di Sistema Paese. II 50% degli intervistati non ritiene che il Covid impatti sulla propensione al rientro mentre il 31% lo esclude.
La possibilità di ricongiungimento con i propri familiari è un elemento importante nel valutare un rientro in Italia (82%), ben maggiore delle tradizionali considerazioni di carattere economico. Il 17% ritiene più importante, proprio in questa fase, assicurarsi una maggiore stabilità del percorso professionale e il 16% che ci siano più opportunità di carriera e crescita professionale rientrando in Italia. Anche tra i talenti residenti all’estero, un intervistato su cinque ha dichiarato di aver perso o sospeso il lavoro. Chi ha continuato l’attività, lo ha fatto prevalentemente in smart working. Nonostante lo scenario internazionale non sia dei più promettenti (prevedendosi una significativa contrazione dei livelli occupazionali), una quota importante degli intervistati intravvede nuove opportunità sia a livello di Sistema Paese (50%) sia per la propria carriera (24%).
L’esperienza che si è andata maturando con il blocco e il ricorso massiccio al lavoro agile non ha costituito un problema per il campione di intervistati, costituendo anzi un’opportunità molto importante, soprattutto per gli effetti positivi su ambiente, benessere e produttività. Il 96% del campione intervistato possiede, infatti, le competenze digitali per lavorare da remoto, ma ritiene che solo il 40% delle infrastrutture digitali italiane siano pronte a supportare un’implementazione su larga scala dello smart working e che il tessuto produttivo italiano lo sia solo per il 35%. Il 69% degli intervistati, infine, auspica che lo smart working possa essere adottato come soluzione complementare all’attività in ufficio e il 15% che diventi la modalità di lavoro prevalente. Meno del 2% vuole abbandonarlo, preferendo il ritorno fisico negli ambienti di lavoro. Se questo è il quadro che emerge dalla ricerca, quali sono gli insegnamenti e, soprattutto, gli interventi che le componenti attive del sistema Paese debbono adottare?
«Essere attrattivi è la sfida del presente e del futuro ed è questo l'impegno che aziende e istituzioni devono assumere per fare in modo che questa partita possa effettivamente giocarsi al meglio. Confermare le aspettative dei talenti che oggi vivono e lavorano all'estero e farli sentire protagonisti della nostra economia è il primo passo da compiere per creare le migliori condizioni affinché le loro capacità possano svilupparsi nell'interesse delle aziende nostro Paese», ha commentato Pier Luigi Vitelli, partner di Pwc Italia.
Patrizia Fontana, presidente di Talents in Motion, ha ricordato come Talents sia «il primo progetto di Csr che ha come obiettivo di posizionare l’Italia come polo europeo di attrazione per il talento, favorire lo sviluppo sostenibile delle nostre aziende e il recupero della loro competitività attraverso know-how italiano e straniero, unendo aziende e università per far circolare il talento e colmando il gap tra competenza e conoscenza e quindi favorendo il matching domanda offerta e dare visibilità alle eccellenze italiane e l’innovazione made in Italy». Fontana ha sottolineato che «durante il Covid, insieme a Pwc e Fondazione con il Sud, abbiamo promosso la ricerca i cui risultati sono utilissimi per i passi che dobbiamo compiere in futuro. I dati sono incoraggianti ed emergono cinque aspetti molto significativi che devono indurci all’azione; prima del Covid il 71% degli intervistati avrebbe preso in considerazione il rientro in Italia. Oggi, dopo la pandemia, il 20% vuole ritornare. È elevato l’apprezzamento per come il Paese ha affrontato la crisi pandemica e quali strumenti ha messi in campo per fronteggiarla. A ciò si aggiunge il fattore emotivo, nel rientrare per stare vicino ai propri cari». «Questo - ha aggiunto - è un dato che supera le tradizionali valutazioni economiche e caratterizza la sfera personale degli under 35 italiani. Infine, la pandemia ha fatto perdere il lavoro anche a chi è andato all’estero: 1 su 5 degli intervistati lo ha perso o è in cassa integrazione. Questo scenario pone delle opportunità senza precedenti a livello di sistema Paese per riatrarre i nostri talenti, il vero motore della ripresa economica. È nota a molti la fatica che fanno le aziende per assumere giovani talentuosi in grado di affrontare le sfide di domani: si tratta di una piaga se pensiamo che il Paese spende l’1% del Pil per formare giovani studenti che poi scelgono di andare a lavorare per aziende nel Regno Unito, Germania e Francia. Dobbiamo sfruttare questo momento per creare le condizioni per far sì che i nostri giovani oggi all’estero possano tornare senza rinunciare alle loro ambizioni professionali». Per perseguire questo ambizioso progetto oggi Talents in Motion sbarca al Sud e lo fa per aiutare a colmare le reali necessità del Mezzogiorno. «Il Sud ha un potenziale enorme e va sfruttato e rilanciato, non si può prescinderne se vogliamo che l’Italia diventi un Paese più competitivo e ricco di opportunità. Lo scorso anno Talents muoveva i primi passi a Milano e sono molto orgogliosa di poter dire che oggi è divenuto un progetto nazionale. Il mezzogiorno ha bisogno di riprendere centralità ed e per questo che come Presidente di Talents in Motion sono orgogliosa di dare il mio supporto per realizzare tutte le attività che sono necessarie. Grazie all’importante e strategica collaborazione con Fondazione con il Sud potrà finalmente avviarsi un percorso strutturato e programmatico che coinvolgerà le istituzioni, le associazioni di categoria locali, i rappresentanti del mondo del lavoro e del territorio contribuendo al rilancio del Sud e del Paese intero», ha concluso Fontana.
«I dati della ricerca confermano che il tema dei talenti è centrale, non solo nella sua dimensione di immigrazione all'estero di giovani qualificati, ma anche di ritorno in Italia. Attraverso le persone e le loro competenze si possono portare in Italia e nel Mezzogiorno idee e capitali necessari a sviluppare, creando così le condizioni per una crescita economica - dice Giuseppe Provenzano, ministro per il Sud e la Coesione territoriale -.Dobbiamo inserire questi ambiziosi progetti nel più ampio piano di trasformazione urbana e dei territori, con un ruolo crescente sia della competenza scientifica e universitaria sia tecnologica. I divari non sono tanto tra Nord e Sud, ma più tra aree urbane e aree interne e rurali. Ma se c'è un divario ancora forte, è proprio nell'alfabetizzazione digitale non delle nuove generazioni, ma delle famiglie delle imprese e della pubblica amministrazione. Su questo dobbiamo fare un lavoro enorme. l processi di trasformazione urbana e di rigenerazione delle città si realizzano anche con il concorso delle reti di cittadinanza e delle associazioni. Sono anche uno sbocco per i giovani che lavorano. Questo è uno dei progetti che stiamo portando avanti con il ministro Manfredi nel nostro recovery italiano, cioè quello di creare ecosistemi dell'innovazione. Ovviamente abbiamo bisogno di precondizioni, tra cui accelerare fortissimamente rispetto ai ritardi accumulati sui processi di digitalizzazione del Paese. Per esempio il mercato del lavoro che sta cambiando si porta dietro nuovi diritti come quello alla disconnessione. Ma la precondizione del diritto alla connessione spesso non l'abbiamo per questo dobbiamo recuperare sulla banda ultralarga e 5G. Il Sud deve tornare ad essere attrattivo, ma non solo attraente per farci una vacanza d'estate, ma attrattivo di capitali, di idee e di persone. Questo significa mettere a fuoco delle politiche specifiche, noi dobbiamo rafforzare le politiche di attrazione degli investimenti di capitali. Ma dobbiamo farlo anche sulle persone perché nel nostro Paese manca una politica strutturale sull'attrazione e, quindi, anche sul rientro dei talenti. Questa politica di attrazione non si fa con un decreto. Noi abbiamo avuto esperienze molto importanti di incentivi al rientro come Resto al Sud, ma questo lo si fa solo quando si partecipa ad un processo di sviluppo. Così come i giovani non se ne sono andati perché gli mancava l'opportunità di lavoro domattina o rischiavano di perderlo, perché questo accade anche nel resto del mondo, ma se ne andavano per la mancanza di condivisione di un progetto di cambiamento da qui a 10-20 anni. Sono stato criticato per aver presentato prima della pandemia un progetto che guardava al Sud e all'Italia nel 2030, invece sono convinto che dobbiamo agire sull'emergenza, senza smarrire il punto di vista di medio e lungo periodo. La modernizzazione del Paese va affrontata con un rilancio significativo degli investimenti pubblici. Il Sud anticipa delle tendenze che riguardano poi tutto il Paese. Questo si è visto con la sottoutilizzazione progressiva che abbiamo fatto con i nostri giovani e delle nostre giovani competenze. Il fenomeno di depauperamento che il Sud ha anticipato nel corso degli anni Duemila è una tendenza che poi si è diffusa su tutto il territorio nazionale, spesso con effetti di rimbalzo. Noi abbiamo un doppio divario: uno tra Nord e Sud e uno dell'Italia rispetto al resto dell'Europa e dei Paesi avanzati. Forse il motivo per cui questo divario si è consolidato negli anni è perché abbiamo camminato con motori che giravano a basso regime o alcuni motori li abbiamo tenuti spenti come quello del Sud».