Cresciute le competenze digitali dei lavoratori con il lavoro agile - Archivio
Secondo una nuova ricerca di The Adecco Group, aziende e lavoratori italiani si interrogano anche sui contratti basati sul numero di ore lavorate e sentono l’esigenza di fare affidamento su un modello di leadership più empatico. The Adecco Group ha presentato i risultati del suo ultimo studio, dal titolo Resetting Normal: defining the new era of work, che analizza l’impatto atteso a breve e a lungo termine della pandemia sul ripristino delle norme sul posto di lavoro.
Il futuro del mondo del lavoro in Italia
In Italia, il 76% dei lavoratori ritiene che un mix tra lavoro in ufficio e lavoro da remoto rappresenti la soluzione migliore per il futuro e quasi l’80% desidera più flessibilità sia nelle modalità che nel luogo di lavoro. Il 71% degli intervistati, infatti, ritiene sia il momento di ripensare il classico orario di lavoro basato su 40 ore a settimana per 5 giorni lavorativi, sostenendo che i contratti debbano essere basati sul raggiungimento degli obiettivi aziendali invece che sulla quantità di ore lavorate. La pandemia ha anche richiesto nuove competenze di leadership: il 74% dei lavoratori desidera che i propri manager abbiano uno stile di leadership incentrato su empatia e supporto ai dipendenti. Rimanendo sul tema delle competenze, il 70% degli intervistati ritiene di aver migliorato le proprie skill digitali durante il periodo di isolamento, mentre oltre due terzi (72%) cercano di incrementare ulteriormente le proprie competenze digitali nell’era post-pandemia. Per i lavoratori del nostro Paese è importante lavorare sullo sviluppo di un’ampia gamma di competenze, tra cui l’utilizzo delle piattaforme informatiche aziendali (72%), la gestione del personale a distanza (66%) e le soft skill (65%).
Infine è positivo il giudizio nei confronti delle aziende: per l’85% degli intervistati il datore di lavoro ha soddisfatto o superato le aspettative nell’adattarsi alle sfide della pandemia. La fiducia va di pari passo con l’incremento della aspettative. Se da un lato il futuro del lavoro è una responsabilità collettiva, dall’altro il 75% dei dipendenti ritiene che il proprio datore di lavoro abbia la responsabilità di fare in modo che il mondo del lavoro sia migliore dopo la crisi e il compito di ripristinare le norme. Mentre il 77% afferma che sia una responsabilità del governo.
Il futuro del mondo del lavoro a livello internazionale
I dati italiani sono in linea con quanto emerso a livello globale. Il modello “ibrido” rappresenta un ideale universale in cui i lavoratori vorrebbero trascorrere metà del tempo in ufficio e metà lavorando a distanza, preferenza che trascende la provenienza geografica degli intervistati, la generazione di appartenenza e l’essere o meno genitori. Anche i dirigenti d’azienda concordano, tanto che quasi otto leader di C-level su dieci (77%) affermano che le aziende beneficerebbero di una maggiore flessibilità. Il 74% dei dirigenti concordano anche sulla necessità di rivedere la durata della settimana lavorativa. La pandemia e il successivo lockdown hanno fatto emergere alcune importanti lacune, come il digital divide tra istituzioni e abitazioni e, in alcuni casi, un tema di mancata alfabetizzazione digitale di insegnanti, famiglie e addirittura studenti. È presto per misurare l’impatto che la pandemia da Covid-19 avrà sulla percezione e sull’appeal delle discipline e professioni Stem, ma la crisi sanitaria e la digitalizzazione del mondo accademico e professionale potrebbero ravvivare l’interesse verso questo ambito e portare nuova linfa al settore, anche con una revisione delle mansioni legate alla digitalizzazione.