sabato 11 dicembre 2021
La pandemia ha portato i lavoratori e gli imprenditori a ridefinire le priorità. Sette su dieci hanno cambiato obiettivi. Corso di Adapt sul nuovo protocollo su lavoro agile e smart working
Una riunione di manager

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Al termine dell'anno, diverse analisi concordano sulle prossime tendenze del mondo del lavoro, che si trova in un momento di grande cambiamento. Nel corso del 2021, la trasformazione della forza lavoro globale è stata accelerata dal persistente impatto della pandemia, dalle tensioni sulle imprese in un contesto caratterizzato da carenze record di manodopera e dal mutamento delle priorità dei lavoratori. È una tensione percepita in modo universale. L’Adp Research Institute ha rilevato che il 64% della forza lavoro globale è stato colpito negativamente dal Covid-19, incluso un 28% che ha perso il lavoro, è stato licenziato o messo in cassa integrazione, e un 23% che ha subito una riduzione dello stipendio. In Italia, il 40,5% dei dipendenti intervistati (circa 2mila) ha dichiarato di aspettarsi esiti negativi sulla propria carriera nei prossimi due anni, a causa del Covid. Secondo la medesima analisi, a perdere il lavoro (per licenziamento, mancato rinnovo o cassa integrazione) è stato il 23,5% dei ragazzi di età compresa tra i 18 e 24 anni, segue la generazione dei Millennials (25-34 anni) con l’11,5%, la fascia 35-44 con il 9%, per poi scemare al 6% e 5% per le fasce più alte. Questi cambiamenti nel mercato hanno portato i lavoratori a ridefinire le proprie priorità, ripensando ulteriormente a come e dove il lavoro viene svolto. Di conseguenza, i datori di lavoro si trovano ad affrontare una maggiore pressione per adattarsi alle richieste emergenti dei lavoratori di talento, che hanno acquisito un potere mai avuto prima.

Una nuova visibilità dei dipendenti

Il lavoro da remoto ha portato i datori di lavoro alla ricerca di nuove opportunità per aumentare il grado di visibilità dei dipendenti e comprenderne meglio le esigenze. All’inizio della pandemia, il controllo dei lavoratori da parte dei datori era aumentato. Circa un lavoratore italiano su tre (38%) ha affermato come il monitoraggio dell’azienda sul proprio lavoro fosse diventato più rigido, complice il lavoro da remoto. Per favorire la connessione in assenza di vicinanza fisica, i dati sulle persone faranno luce sui flussi e le tendenze di coinvolgimento, aiutando i manager a motivare e sostenere un team remoto o ibrido, senza però per questo risultare troppo invadenti. È quindi fondamentale che un'efficace strategia di comunicazione e gestione delle risorse venga implementata dai manager e dal team Hr, per motivare e migliorare la produttività dei propri dipendenti e rimanervi in contatto, senza essere oppressivi. Il Covid-19 ha avuto un impatto significativo sulle posizioni dei lavoratori: quasi la metà (46%) della forza lavoro in Italia ha fatto cambiamenti o sta pianificando di cambiare come e dove vive (28%).

Persone e obiettivi guideranno la cultura dell'ambiente di lavoro

Mentre le aziende cercano modi per promuovere l'inclusione nei nuovi modelli di lavoro, il coinvolgimento diventerà una misura della cultura della forza lavoro. I datori di lavoro avranno bisogno di intensificare l'attenzione sulle persone e riflettere sullo scopo più ampio che connette la loro forza lavoro. La flessibilità della forza lavoro si estenderà oltre i limiti percepiti e le aziende abbracceranno iniziative incentrate sulle persone per costruire un luogo di lavoro dove tutti possano crescere. Le strategie di diversità, equità e inclusione si evolveranno ulteriormente per guidare un progresso vero e misurabile. In Italia, le sfide legate al Covid-19 hanno consentito ad alcuni lavoratori di sviluppare competenze nuove o intraprendere percorsi di carriera che sfruttano il loro potenziale in modi imprevisti e aumentano la soddisfazione personale. Gran parte di essi ha ricevuto una ricompensa per il proprio impegno: il 56% ha avuto un aumento di stipendio o un bonus, anche se restano preoccupanti le disparità di genere. Dall’analisi dei dati, è emerso infatti come siano ancora una volta le donne a essere lasciate indietro nel riconoscimento di un compenso economico a seguito dell’assunzione di una nuova carica o dell’aumento delle responsabilità affidate loro per colmare i vuoti aziendali causati dal Covid-19. Questo non dovrà più accadere, o le aziende rischieranno di perdere terreno in termini di coinvolgimento dei propri lavoratori e, conseguentemente, di produttività.

Dati e competenze affidabili potenzieranno la resilienza delle aziende

In un contesto caratterizzato da dipendenti che lavorano da remoto e in forma ibrida, il sistema regolatorio e normativo diventerà ancora più complesso. Per superare gli ostacoli e affrontare i cambiamenti normativi, le aziende faranno sempre più affidamento su dati in tempo reale e su livelli di sicurezza senza compromessi, per affrontare la compliance in modo proattivo e guidare il processo decisionale. I dati saranno la chiave futura per le aziende. Saranno indispensabili, per esempio, per gestire al meglio il ritorno alle politiche sul posto di lavoro, compreso il monitoraggio delle vaccinazioni e i test, e per gestire una forza lavoro ormai ibrida, senza tempo e senza luogo.

Una maggiore innovazione accelererà la crescita

Mentre i modelli di business si evolvono insieme ai cambiamenti globali, le aziende si affideranno alla tecnologia per aumentare la propria efficienza ed espandere le competenze, eliminando le mansioni ripetitive e rifocalizzando gli sforzi sulle iniziative di crescita strategica. Secondo i dati di Adp, un quarto circa degli italiani (22%) ha iniziato solo con la pandemia a utilizzare applicazioni o strumenti mobili per gestire e monitorare la propria retribuzione. I lavoratori stanno imparando a sfruttare gli strumenti self-service, rimuovendo milioni di compiti amministrativi dai professionisti Hr, permettendo loro di concentrarsi maggiormente sulle persone. Questa digitalizzazione porterà benefici sia ai datori sia ai dipendenti, man mano che questi ultimi cercano maggiore flessibilità e controllo nella propria esperienza professionale.

Focus sulle competenze

Con l'evoluzione dei ruoli, un'ondata di assunzioni basate sulle competenze guiderà ulteriormente l'innovazione. Il 27% dei lavoratori italiani pensa che, proprio il periodo di pandemia, abbia contribuito a rafforzare le proprie abilità. Dopo una fase in cui i dipendenti sono stati costretti a riqualificarsi, le persone continueranno a dare priorità alle proprie competenze e a cercare opportunità per applicare i propri punti di forza unici. Per accelerare le prestazioni, i datori di lavoro dovranno concentrarsi su questi punti di forza individuali e fornire opportunità ai dipendenti per sviluppare nuove competenze o intraprendere una nuova traiettoria di carriera con maggiori opportunità di crescita.

Le aziende investiranno in formazione e sviluppo dei talenti

Maggiore investimento in formazione e sviluppo personale e professionale dei dipendenti, strategie per evitare il burnout del personale e più attenzione al loro benessere. Su questi punti dovranno puntare le aziende nel 2022 secondo la ricerca internazionale Global Hr che CoachHub, piattaforma leader mondiale per il coaching digitale, ha condotto su 21 Paesi compresa l’Italia. In generale, si prevede che il 2022 sarà un anno volto alla crescita aziendale (88%) ed è sempre parere comune che aumenteranno i budget dedicati alla formazione e allo sviluppo del personale (92%). Venendo all’Italia, quasi la maggioranza (94%) ha intenzione di investire in formazione e sviluppo dei talenti, anche se la metà degli intervistati prevede un aumento moderato (52%). Tutti concordano sull’importanza di adattare un programma su quegli elementi che rappresentano la nuova normalità aziendale ovvero lavoro da remoto, maggiore flessibilità, iniziative di wellbeing, supporto al dipendente per evitare il rischio di stress da lavoro. Siamo però ancora concentrati su modelli di formazione e sviluppo più tradizionali e standardizzati a tutti i dipendenti: solo il 24% dichiara che in azienda vengono sviluppati percorsi individuali di coaching. La percezione è che non si discute abbastanza di formazione e sviluppo della forza lavoro e questo vale anche per Paesi quali la Gran Bretagna e il Giappone. In Italia, per esempio, tre intervistati su quattro rivelano che i propri dipendenti lamentano o di non aver fatto abbastanza percorsi di formazione e sviluppo all’interno dell’azienda. I responsabili delle Risorse Umane e, in generale, i responsabili aziendali oggi più che mai sono chiamati a comprendere come sviluppare il potenziale delle loro risorse interne, come aumentarne la produttività evitando al contempo rischi di burnout o fuga dei talenti. Per oltre la metà degli intervistati, la crescita professionale passa da queste competenze, talvolta accompagnandosi a quelle professionali e talvolta da sole. Eppure, negli ultimi 18 mesi, gli intervistati hanno dichiarato che alcuni dei loro problemi principali erano legati a una crescente domanda di flessibilità di lavoro e di nuovi percorsi professionali (rispettivamente 48% e 22%) e a un aumento di burnout dei dipendenti (17%) o di richieste di programmi di wellbeing in azienda (22%). Rispondere in modo puntuale alle singole esigenze dei dipendenti è la chiave per aiutare le persone ad aderire alle strategie aziendali e ad avere un approccio inclusivo sul posto di lavoro. Tutto ciò si traduce in maggiore produttività e capacità di collaborazione. La metà delle aziende intervistate ha già intrapreso programmi di coaching individuale per lo sviluppo del proprio personale, mentre l’altra metà non lo esclude a priori anche se sta ancora valutando. Miglioramento delle competenze attuali, aiuto con il lavoro a distanza e acquisizione di nuove skill lavorative sono stati il focus per oltre la metà delle aziende intervistate, mentre una piccola parte ha riservato dei percorsi specificatamente dedicati alla diversità e inclusione e al wellbeing in azienda (rispettivamente il 24% e il 25%).

Sette italiani su dieci cambiano obiettivi professionali

La pandemia è stata per i lavoratori un momento di riflessione sui propri obiettivi di carriera, dal quale sono usciti con la volontà di essere protagonisti attivi di un mondo del lavoro che sta evolvendo verso modelli più flessibili e attenti alla conciliazione vita-lavoro. Quasi sette italiani su dieci hanno maturato una nuova prospettiva rispetto al modo in cui il lavoro si adatta ai propri impegni personali (69%), il 21% in più della media globale e il dato più alto fra i principali paesi europei, con i francesi che si fermano al 35%, i tedeschi al 36%, spagnoli e inglesi al 48%. In particolare, il 74% dei lavoratori italiani ha definito più chiaramente i propri obiettivi personali, il 72% ha compreso meglio le proprie ambizioni professionali. In molti casi, la nuova consapevolezza acquisita si traduce nel desiderio di un cambiamento sul piano lavorativo. Quasi un italiano su due (49%) vuole provare qualcosa di nuovo nel lavoro, soprattutto nella fascia di età 25-34 anni. Il 73% si è attivato per migliorare il proprio equilibrio fra lavoro e vita privata, specialmente fra le lavoratrici (75%) e nel segmento dei 35-44enni (78%), e il 74% desidera una maggiore flessibilità in futuro nel proprio lavoro o nella propria carriera. Il 57% si sente stressato da quando è iniziata la pandemia e avrà bisogno di apportare cambiamenti alla propria vita professionale, +8% rispetto alla media globale. Alcuni lavoratori hanno già dato un taglio netto con il passato o ci stanno pensando: il 21% ha cambiato impiego negli ultimi sei mesi (+4% rispetto al primo semestre del 2021), con punte del 43% tra i dipendenti under 25 e fra i lavoratori 25-34enni (31%), il 29% sta cercando nuove opportunità e oltre la metà prenderebbe in considerazione l’idea di un lavoro all’estero se potesse operare completamente da remoto (57%). Sono alcuni risultati del Randstad Workmonitor, l’indagine semestrale sul mondo del lavoro di Randstad, che ha analizzato l’impatto della pandemia sulle prospettive dei lavoratori e come questa ha influenzato la percezione dei propri obiettivi personali e professionali e del proprio equilibrio fra lavoro e vita privata. Una ricerca condotta in 34 Paesi nel mondo su un campione di oltre 800 dipendenti di età compresa fra 18 e 67 anni per ogni nazione.

La mobilità lavorativa nel secondo semestre 2021

Negli ultimi sei mesi il 21% degli occupati ha cambiato lavoro, un dato in crescita di quattro punti rispetto al semestre precedente, ma comunque più basso rispetto a quanto accade nei paesi vicini. In Germania e in Francia il 24% dei lavoratori ha cambiato lavoro, il 27% in Spagna e il 30% in Inghilterra. A cambiare impiego sono soprattutto i giovani, mentre al salire dell’età dei lavoratori diminuisce progressivamente la propensione al cambiamento, fino ad arrivare al 13% tra i 45 e i 67 anni. I principali motivi che spingono a cambiare lavoro sono la ricerca di migliori condizioni di lavoro (35%), circostanze organizzative (35%) e l’ambizione di crescita nel ruolo (26%). I giovani sono anche i più preoccupati di perdere l’occupazione trovata: ben il 47% dei 18-24enni e il 40% di quelli tra i 25 e i 34. Il dato scende al 37% tra chi ha da 35 a 44 anni, al 32% nella fascia 45-54 anni e al 23% nella fascia 55-67.

Soddisfatti del lavoro, ma in cerca di riconoscimento

L’83% dei lavoratori italiani è soddisfatto delle scelte compiute nella carriera e una buona parte mostra orgoglio per le proprie competenze, che sono rimaste rilevanti nel 69% dei casi nonostante i cambiamenti prodotti dall’emergenza e sono cresciute nel 27% dei dipendenti. Anche la soddisfazione per il proprio lavoro attuale resta elevata, lo afferma il 68% del campione, ma è inferiore rispetto alla media globale (-5%) e registra un calo di quattro punti percentuali rispetto a un anno fa. I più soddisfatti sono i giovani, il 74% degli under 25, che, però, sono anche coloro che più stanno cercando attivamente un nuovo posto di lavoro. Quasi uno su tre degli under 25 e il 26% degli occupati tra i 35 e i 44 anni, dato che poi cala nelle successive fasce d’età. Uno dei principali motivi di insoddisfazione è il mancato riconoscimento delle proprie competenze: il 42% è stato promosso (ma solo il 12% con un aumento di stipendio), ma il 65% non si sente adeguatamente compensato ed è quindi aperto a nuove opportunità professionali.

Cosa orienta le scelte professionali? Stipendio, ma non solo

La pandemia è stata un periodo di riflessioni sui propri obiettivi personali e professionali e l’occasione anche per delineare l’ambiente di lavoro ideale a cui aspirare. Nella maggior parte dei paesi analizzati dall’indagine il primo fattore che orienta le scelte professionali e di carriera dei lavoratori sono stipendio e benefit, indicati in media dal 59% del campione mondiale. Nei lavoratori italiani prevale invece l’idea che un buon ambiente di lavoro sia il risultato di diverse componenti, che vede lo stipendio ai primi posti (47%), ma a 12 punti di distanza dalla media mondiale e affiancato da una molteplicità di altri elementi con un peso molto simile, come un ambiente di lavoro sicuro lavoro (40%) e accogliente (39%, +7% sulla media mondiale), opportunità di crescita professionale (38%), un lavoro con livelli di stress gestibili (35%) e la giusta flessibilità (35%).

Corso di Adapt sul nuovo protocollo nazionale su lavoro agile e smart working

È stato recentemente sottoscritto dal ministero del Lavoro e dalle parti sociali un nuovo protocollo nazionale dedicato al lavoro agile, con l’obiettivo di fissare linee di indirizzo per la futura contrattazione collettiva nazionale, aziendale e territoriale che intenda regolare l’istituto, nel rispetto della disciplina di cui alla l. n. 81/2017. Il protocollo rappresenta il più recente punto d’arrivo del dibattito in merito alla necessità di una revisione della disciplina del lavoro agile, conseguente alla sua massiccia diffusione durante la pandemia da Covid-19: esso, infatti, raccoglie le istanze di chi chiedeva un maggiore coinvolgimento dell’autonomia collettiva nella gestione di uno strumento che, ad oggi, potrebbe trovare la sua unica fonte di regolazione in un accordo individuale. Per questo motivo, Adapt ha deciso di progettare un corso di formazione destinato a consulenti, avvocati, responsabili Hr, esperti degli uffici legali e sindacalisti per fornire loro competenze teoriche e pratiche riguardanti la corretta gestione del lavoro agile, anche alla luce delle novità introdotte. Più nel dettaglio, durante il corso verrà inquadrato l’istituto del lavoro agile e ricostruita la disciplina – anche emergenziale – ad esso dedicata, che verrà poi approfondita da un’analisi puntuale degli interventi della contrattazione collettiva in materia, resa possibile dal ricorso alla banca dati del sito www.farecontrattazione.it. Prima di considerare le domande e le casistiche condivise dai partecipanti, verrà realizzato anche un approfondimento dedicato all’applicazione del lavoro agile nella pubblica amministrazione. Il corso sarà realizzato a distanza e in modalità sincrona, mercoledì 15 dicembre dalle ore 17 alle ore 18.30. Sarà possibile interagire direttamente con i docenti per avanzare domande, condividere buone pratiche o per i chiarimenti necessari. Il ricavato del corso sarà integralmente utilizzato per co-finanziare una borsa di dottorato.
È possibile iscriversi compilando questo modulo di iscrizione. Una volta completata la procedura di iscrizione, il link per partecipare al corso verrà inviato via mail poco prima dell'inizio dell'evento. Per ulteriori informazioni: formazione@adapt.it.




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