martedì 13 settembre 2016
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Reato penale escluso a chi occupa in nero rifugiati regolari. In tal caso, infatti, si applica solo la maxi-sanzione per lavoro sommerso e non anche la pena della reclusione minima da sei mesi a tre anni e la multa di 5mila euro applicate, invece, se l’occupazione in nero riguarda rifugiati irregolari. A precisarlo è stato il ministero del Lavoro (nota prot. 14751/2016) rispondendo a uno specifico quesito sul nuovo status di rifugiato introdotto dal dlgs n. 142/2015. Il quesito concerne l’occupazione irregolare (in nero) di cittadini extracomunitari richiedenti protezione internazionale e asilo politico e chiede di sapere quali sanzioni applicare. In primo luogo il Ministero ricorda che la disciplina sul riconoscimento dello “status di rifugiato”, di cui al dlgs n. 25/2008, è stata modificata dal dlgs n. 142/2015 che ha attuato alcune Direttive Ue in materia (si tratta nello specifico delle Direttive n. 2013/33 e n. 2013/32). In base alle nuove norme il “richiedente protezione internazionale” è  “lo straniero o l’apolide che ha presentato domanda di protezione per ottenere il riconoscimento dello status di rifugiato o lo status di protezione sussidiaria, per la quale non è stata ancora adottata una decisione definitiva, ovvero che ha manifestato la volontà di chiedere protezione internazionale”. Al richiedente la protezione è rilasciato un permesso di soggiorno per richiesta asilo valido per sei mesi e rinnovabile fino a decisione della domanda; la ricevuta attestante la presentazione della richiesta di protezione, rilasciata contestualmente alla verbalizzazione della stessa richiesta, costituisce “permesso di soggiorno provvisorio”. Tale permesso di soggiorno dà diritto ad espletare attività lavorativa soltanto una volta che sono decorsi 60 giorni dalla presentazione della domanda di protezione se il relativo procedimento non si è, a tale termine, concluso e il ritardo non è addebitabile al richiedente. Resta fermo, tuttavia, che tale permesso di soggiorno non può essere convertito in permesso per motivi di lavoro.Per inquadrare correttamente la fattispecie di violazione, dunque, ciò che rileva è proprio la presenza o meno del “permesso di soggiorno provvisorio”, ossia della ricevuta che attesta che è stata presentata la richiesta di protezione. Pertanto, spiega il Ministero, indipendentemente dalla documentazione di fatto esibita dai lavoratori stranieri o dal datore di lavoro in sede di controllo, è necessario acquisire la ricevuta di verbalizzazione della domanda di protezione, dal cui rilascio vanno calcolati i 60 giorni decorsi i quali è possibile l’espletamento dell’attività lavorativa. Il modello di ricevuta approntato dal Ministero dell’interno, oltre a specificare che ha valore di permesso di soggiorno provvisorio, espressamente attesta che, decorso il termine di 60 giorni dal rilascio, il cittadino straniero “è autorizzato a svolgere attività lavorativa”. In conclusione, nel caso in cui venga riscontrata un’occupazione “in nero”  (è tale, si ricorda, l’occupazione di soggetti senza avere effettuata la comunicazione preventiva di assunzione, la “Co”) di stranieri in possesso della ricevuta di verbalizzazione della domanda, trova applicazione soltanto la maxi-sanzione, mentre sono escluse le conseguenze penali (ex art. 22, comma 12, dlgs n. 286/1998).Diversamente, l’ipotesi di occupazione in nero di stranieri ai quali non sia stato rilasciato il permesso di soggiorno provvisorio (rectius la ricevuta della verbalizzazione della domanda) ovvero prima che siano trascorsi i 60 giorni dal rilascio della ricevuta, integra la fattispecie di occupazione irregolare di cittadini extracomunitari privi del permesso di soggiorno. Il che comporta, prima di tutto, l’interessamento delle forze dell’ordine per verificare la posizione degli stranieri; in secondo luogo implica l’applicazione della maxi-sanzione con contestazione di fattispecie aggravata, nonché delle sanzioni penali.
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