martedì 2 luglio 2013
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Nonostante la recessione, le opportunità di lavoro non mancano. Sono poche e distribuite a macchia di leopardo; le più consistenti riguardano prestazioni a basso contenuto professionale attinenti alla ristorazione o di supporto alla famiglia, che gli italiani non apprezzano. Altre, quantificabili all’incirca in qualche decina di migliaia di unità, derivano dal settore della logistica e da quello manifatturiero e restano scoperte per mancanza o del possesso di certificazioni abilitanti o di competenze connesse alle continue e veloci evoluzioni delle tecnologie di processo e/o di prodotto.La soluzione più gettonata a tale ultima carenza è riposta nell’apprendistato, ma è un dato di fatto che la rete protettiva imposta a questo istituto (assunzione a tempo indeterminato, ore obbligatorie di formazione trasversale, modalità di erogazione di quella professionale, tutoraggio, complessità burocratiche) è tanto spessa da aver determinato una diffusa disaffezione da parte delle imprese. Il Decreto 76 del 28 giugno la alleggerisce un poco, ma non più di tanto, per cui è da escludere che determini una svolta nell'utilizzazione. Viene, allora, spontaneo chiedersi perché non si pensa a mettere in campo una misura ad effetto immediato, che non abbia il taglio assistenziale che connota il provvedimento governativo.Basterebbe riportare in vita l’art. 13 della legge Biagi, abrogato dalla legge Fornero, che prevedeva l’assunzione in somministrazione di lavoro per almeno sei mesi, prorogabili, di lavoratori svantaggiati, tra cui i giovani, derogando all’obbligo della parità retributiva per un massimo del 20%, una soluzione non dissimile dal sottinquadramento previsto per l’assunzione in apprendistato. L’articolo in questione, rimasto inapplicato per ben 8 anni, era stato portato in esecuzione con la Legge 183/2010, in forza della quale Italia Lavoro ha stipulato nel 2011 con Assolavoro, l’Associazione di rappresentanza delle Agenzie per il lavoro, una convenzione quadro che assegnava a Italia Lavoro il compito di dettare le regole e monitorarne l’applicazione e alle Apl quello di farsi promotrici di azioni concrete di immissione al lavoro.In buona sostanza, lasciando l'articolo con l'attuale area di applicazione o limitandone la fruibilità solo ai giovani di età non superiore a 30 anni, si potrebbe rendere disponibile uno strumento di accesso al lavoro, classificabile come nuovo contratto di inserimento, che assicurerebbe l’accompagnamento di un operatore specializzato, appunto un’Apl, con l’obbligo che il medesimo eroghi, prima dell’avviamento in somministrazione, corsi di formazione professionale a forte valenza pratica di almeno 100/150 ore, nonché un plafond minimo di formazione continua di almeno 20/30 ore ogni sei mesi di durata dei rapporti di lavoro, il tutto da finanziare con le risorse del Formatemp (l’ente bilaterale costituito da sindacati e agenzie).Un’operazione siffatta, strutturata su formazione in ingresso, esperienza sul campo pienamente tutelata e formazione on the job, assicurerebbe l’acquisizione di competenze spendibili, con conseguente facilitazione all'assunzione successiva a tempo indeterminato; il tutto, accollando ai giovani un limitato e giustificato sacrificio economico. Sarebbe, tra l’altro, a costo zero per le stremate finanze dello Stato, perché le risorse del Formatemp non derivano da finanziamenti pubblici, bensì dalla contribuzione del 4% sui salari lordi di ogni lavoratore somministrato. L’incentivo alle Apl a finalizzare queste risorse e anche altre aggiuntive potrebbe consistere nell’adozione di una misura che le affranchi dall’imposizione dell’Aspi (1,4%) sul salario lordo di ogni disoccupato assunto in somministrazione. Un piccolo sgravio che sarebbe compensato dalle maggiori entrate fiscali e contributive, quindi irrilevante rispetto alle restrizioni in materia di spesa pubblica. Oltre tutto, si realizzerebbe una collaborazione virtuosa e misurabile tra operatori privati e pubblici nel campo del lavoro, accantonando improbabili quanto costosi progetti di riesumazione dei vecchi e non rimpianti Uffici di collocamento.
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