Massimo Stronati, presidente di Confcooperative Lavoro e Servizi - Archivio
Massimo Stronati è stato riconfermato alla presidenza di Confcooperative Lavoro e Servizi dagli oltre 250 delegati intervenuti ieri a Roma in rappresentanza di oltre 4mila cooperative, 165mila soci, 127mila lavoratori e un fatturato di oltre 7,1 miliardi di euro. Al centro della giornata che ha visto la sua rielezione, il «lavoro buono», la riscoperta dei valori e della cultura dell’attività lavorativa in un momento storico segnato da cambiamenti e da crisi. Con «il lavoro che barcolla sotto il peso del fisco». «Imprese e lavoratori sono pressati dal cuneo fiscale e previdenziale – spiega Stronati – mentre le aziende continuano a fare da bancomat alla Pubblica amministrazione. Basti pensare che solo le nostre cooperative di produzione lavoro vantano un credito di oltre 900 milioni di euro nei confronti della Pa, con medie di pagamento a 180 giorni. Dai costi del lavoro a quelli dell’energia e delle materie prime, dalle peggiorate condizioni di accesso al credito, alla burocrazia alla montagna di debiti della Pa il sistema imprenditoriale c’è, ma arranca sotto i colpi dei mali endemici del Sistema Italia».
Sotto accusa anche il reddito di cittadinanza, che Stronati giudica uno strumento assistenzialistico e un disincentivo a trovare un’occupazione. La stessa sottosegretaria allo Sviluppo economico Anna Ascani (Pd) ritiene sia «servito e serve a garantire a milioni di persone in stato di povertà assoluta il sostegno, ma sul fronte delle politiche attive del lavoro non ha funzionato». Ma è soprattutto il costo del lavoro a finire nel mirino. Nel 2021 il carico fiscale (imposte sul reddito da lavoro e contributi sociali del datore di lavoro e del lavoratore) in Italia è stato pari al 46,52%, mentre in Francia è di poco superiore (47,01%) e nel Regno Unito del 31,25%. Tutto questo rispetto a una media dei Paesi Ocse pari al 35,92% con un’incidenza sul datore del lavoro del 13,46%.
Oltre al costo del lavoro pesa anche la difficoltà a trovare lavoratori con le competenze giuste. Una cooperativa su tre, per esempio, lamenta il difficile reperimento dei profili adeguati. Un recente focus Censis Confcooperative ha stimato in 1,2% la mancata crescita del Pil a causa di questo disallineamento tra domanda e offerta di lavoro che riguarderebbe almeno 240mila figure professionali. La ricerca del personale specializzato può richiedere fino a 4-6 mesi, tempi non in linea per rispondere alle esigenze di mercato che impongono scelte e capacità di adattamento rapide. Nella produzione lavoro e servizi dall’edilizia alle pulizie, dal trasporto alla movimentazione merci ci sono almeno 3mila lavoratori mancanti in un sistema che dà lavoro a 127mila persone. «In questo Paese – continua il presidente – non si parla più di spending review, non si aggredisce seriamente l’evasione fiscale, si continua a colpire duramente il lavoro sia dal punto di vista delle imprese sia dei lavoratori. La pressione fiscale impoverisce imprese e lavoratori. Non consente alle prime di fare investimenti e taglia il potere d’acquisto dei secondi. Con un’inflazione al 7% la priorità non è aumentare i salari, anche perché favorirebbe una pericolosa spirale inflativa, ma tagliare la tassazione sul lavoro». Senza dimenticare gli oneri amministrativi, che gravano sulle piccole imprese italiane per circa 31 miliardi di euro. In Italia si impiegano circa 238 ore per i 14 principali adempimenti fiscali, contro le 138 ore della Francia per appena nove adempimenti.