«Ci sono 3 milioni di posti di lavoro ancora vacanti nell’Unione Europea perché non si trovano figure adeguate. E da qui al 2020, secondo le stime della Commissione Ue, gli ambiti che presentano maggiori prospettive occupazionali per il futuro sono la green economy, la sanità e i nuovi settori legati alle tecnologie dell’informazione e della comunicazione. Di fronte al perdurante della crisi, un’esperienza formativa fuori dall’Italia è una scelta da non sottovalutare, visto che spesso comporta la possibilità di ritornarci con maggiori chance di trovare un impiego».
Non è il 'vattinni, vattene' del vecchio Alfredo al giovane Totò di «Nuovo Cinema Paradiso » in una Sicilia disperata di futuro nel film premio Oscar di Tornatore del 1988. Anche perché oggi è l’intera Italia a rischiare di essere Sud, in una Europa a due velocità. Quello che lancia l’eurodeputata Lara Comi (Forza Italia/Ppe), approdata a Bruxelles nel 2009, è un invito ad aprire gli orizzonti. Anche attraverso un’intensa campagna informativa sulle occasioni di lavoro che ci sono in Europa e sulla «battaglia Ue» contro la disoccupazione . Il contesto in cui si muovono i ragazzi italiani è arcinoto. È senza lavoro il 42,4% degli under 25 (il 12,9% il tasso generale a gennaio). In Europa è in media del 23 %: i tassi più bassi sono in Germania, dov’è al 7,5%, e in Austria all’8,6%; e ha picchi in Spagna al 57,7% e in Grecia al 57,9%. Dei 14 milioni di Neet (ragazzi sotto i 30 anni che non studiano né lavorano) che ci sono in Europa, oltre 2 milioni sono in Italia. La perdita economica imputabile al disimpegno dei giovani dal mercato del lavoro è stata stimata a 153 miliardi di euro, l’1,2% del Pil Ue. Una situazione che non migliora. E anche di fronte a una auspicata e prevedibile ripresa, l’occupazione resta al palo. Nel 2013 l’Italia ha perso 478mila occupati, come evidenzia l’ultimo drammatico bollettino di guerra diffuso da Confartigianato. L’immagine dei giorni scorsi di quasi 5mila maturandi che hanno occupato la fiera MilanoCity per guadagnare uno dei 172 posti dei corsi di laurea a numero programmato in Medicina e chirurgia dell’Università Vita-Salute San Raffaele di Milano è piuttosto eloquente. E mercoledì è arrivato il Jobs Act – prima parte – del governo: «Vedremo che cosa darà in termini di contrasto alla disoccupazione, soprattutto quella giovanile – osserva Comi –. Anche se non si creano posti di lavoro per legge. Ma nell’attesa di risposte, non sprechiamo le opportunità che arrivano dall’Europa. Dalle istituzioni europee, ma anche dai Paesi membri». Il 2014 è anche l’anno della Youth guarantee, che intende assicurare a tutti i giovani under 25 (l’esecutivo lo ha esteso agli under 29, ndr ) – un’offerta di lavoro o di formazione entro 4 mesi dalla fine degli studi o dall’inizio della disoccupazione. «Le varie istituzioni europee, Parlamento, Commissione, Bei, Bce, Mediatore europeo, Corte di Giustizia, Comitato delle regioni, solo per citarne alcune, offrono spesso stage e tirocini che possono diventare un’occasione di ingresso nel mondo del lavoro». Uno strumento molto utile è Eures, il portale europeo della mobilità professionale. Inserendo la propria candidatura si possono conoscere le offerte di occupazione da 32 Paesi europei, che attualmente sono circa 2 milioni, con 32mila datori di lavoro registrati. Opportunità ma anche sfide (da affrontare e da vincere) per Bruxelles se vuole rappresentare davvero una risposta positiva in questi momenti difficili in cui sembrano rafforzarsi i venti antieuropeisti. «Va costruita la piena cittadinanza europea – continua l’eurodeputata –: regole uguali per tutti, superando distorsioni nazionali su alcuni ambiti. A cominciare da quello del lavoro: il riconoscimento delle qualifiche professionali è un punto fondamentale in questo percorso. Grazie al lavoro della mia commissione abbiamo approvato in plenaria una delle direttive più lunghe in questo senso. In Europa si contano circa 800 professioni regolamentate, ma solo sette sono oggi automaticamente riconosciute in tutti gli Stati membri». E poi il tema dei temi: l’unione fiscale. «Fra moneta unica e parametri di bilancio comuni, non possiamo avere dei sistemi fiscali così diversi fra i Paesi. Con più pesi e più misure sulla tassazione delle imprese, del lavoro, e sui servizi che si garantiscono ai cittadini in termini di welfare. L’Europa non può perdere questa battaglia del futuro se vuole dimostrare che non è solo regole e burocrazia».