venerdì 1 marzo 2024
Il tasso di disoccupazione resta stabile al 7,2%, per la manifattura undicesima contrazione mensile consecutiva. Crescita del Pil al +0,9% nel 2023
Lavoro, il 2024 parte a rilento: in calo il numero degli occupati

Ansa

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Numero di occupati in calo (-34mila) e undicesimo mese consecutivo di contrazione per il settore manifatturiero. Due dati che fotografano un avvio di 2024 all’insegna di una certa difficoltà, anche se la crescita del Pil diffusa stamani e relativa al 2023 è del +0,9%, superiore alle stime dello 0,8% contenute nella Nadef. Il tasso di disoccupazione resta stabile al 7,2%, su livelli minimi, ma aumenta quello giovanile al 21,8% (+0,2 punti), mentre resta il nodo di salari che non reggono il ritmo di quelli degli altri principali Paesi europei né dell’inflazione.

Cala anche il numero di persone in cerca di lavoro (-0,2%, pari a -4mila unità), una diminuzione che coinvolge gli uomini, i 15-24enni e i 35-49enni; al contrario, la disoccupazione aumenta lievemente tra le donne e gli ultracinquantenni. La crescita del numero di inattivi (+0,5%, pari a +61mila unità', tra i 15 e i 64 anni) si osserva tra gli uomini e tra chi ha un'età compresa tra 15 e 49 anni; l'inattività diminuisce invece tra le donne e gli ultracinquantenni. In generale, il tasso di inattività sale al 33,3% (+0,2 punti).

A gennaio il numero degli occupati, pari a 23.738.000, è superiore a quello di gennaio 2023 di 362mila unità (+1,6%) come sintesi dell'incremento di 373mila dipendenti permanenti e di 22mila autonomi e della diminuzione di 33mila dipendenti a termine. Su base mensile, rileva l’Istat, l'occupazione cala però dello 0,1%, pari a -34mila unità, tra gli uomini, gli under 34, i dipendenti a termine, gli autonomi; cresce invece tra le donne e chi ha almeno 50 anni.

L'Indice Hcob Pmi del settore manifatturiero italiano, elaboratore di S&P Global, fa segnare a febbraio un aumento a 48,7 da 48,5 di gennaio, ma il dato è inferiore alle stime con gli analisti che prevedevano 49,1 e resta comunque nell’area di contrazione. "Le aziende - afferma una nota - hanno continuato a riportare una domanda debole e un minore numero di ordini, a cui hanno risposto riducendo il volume di produzione. Malgrado ciò, le imprese manifatturiere hanno incrementato a febbraio i loro livelli del personale, che a sua volta ha favorito il calo degli ordini in fase di lavorazione. La debolezza delle condizioni della domanda ha inoltre provocato una riduzione sia dei costi che dei prezzi di vendita".

Secondo il rapporto, “l'ultimo calo è stato attribuito dalle imprese al clima geopolitico sfavorevole e alle deboli condizioni della domanda. I problemi geopolitici hanno inoltre contribuito al crollo dei nuovi ordini destinati all'esportazione, ad un tasso di declino mensile accelerato. Con il numero degli ordini ancora una volta in calo, a metà del primo trimestre del 2024 le aziende hanno ridotto i loro volumi produttivi, segnando quindi quasi un anno di contrazione”.

Per quanto riguarda l’eurozona, l’indice finale Pmi fa segnare una leggera contrazione mensile attestandosi a 46,5, rispetto al 46,6 di gennaio. Il dato è sopra le stime con gli analisti che prevedevano 46,1. Il calo è stato "interamente causato dalla Germania che ha registrato il più forte peggioramento in quattro mesi – spiegano gli analisti -. Le prestazioni più forti sono state quelle osservate nella periferia dell'eurozona, con la Grecia e l'Irlanda che hanno registrato rispettivamente le migliori espansioni in 24 e 20 mesi. La Spagna è ritornata a crescere per la prima volta in quasi un anno, mentre contrazioni più deboli sono state osservate nei Paesi Bassi, in Italia e in Francia”.

Migliorano, intanto, i dati relativi al 2023: secondo l'Istat l'economia italiana ha registrato una crescita dello 0,9%, mentre la stima diffusa il 30 gennaio scorso indicava un aumento del Pil dello 0,7%. Il dato diffuso oggi è superiore anche alle previsioni della Nadef, che fissavano la crescita del Pil 2023 allo 0,8%. Migliorato il rapporto indebitamento netto/Pil 2023, che si attesta al -7,2% contro il -8,6% del 2022 mentre la pressione fiscale è rimasta invariata rispetto all'anno precedente, al 42,5%. Nel 2023 il debito pubblico italiano è sceso al 137,3% del Pil dal 140,5% del 2022. Rivista al rialzo anche la stima di crescita dell'economia italiana per il 2022: secondo le ultime rilevazioni il Pil è cresciuto del 4% contro il 3,7% stimato in precedenza.

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