Il settore del legno-arredo avrà bisogno di 10-15mila persone nei prossimi anni - Archivio
La filiera italiana del legno-arredo - oltre 73mila aziende, prevalentemente pmi, 307.552 addetti – ha chiuso il 2020 con una contrazione del 10,8% rispetto all’anno precedente, secondo i preconsuntivi elaborati dal Centro Studi di Federlegnoarredo, attutendo così gli effetti della pandemia di Covid-19. Dopo i dati pesantemente negativi del primo semestre dell’anno, emerge che i mesi estivi sono stati fondamentali per recuperare in termini di fatturati e vendite quanto perso in precedenza. Per il mese di aprile 2020 si stimavano perdite fra il 35 e il 45% rispetto ad aprile 2019, mentre a giugno si prevedeva una chiusura a fine anno del -16%. Segnali di ripresa che hanno spinto le imprese a ripensare le proprie strategie. Soprattutto in chiave di sviluppo sostenibile.
Purtroppo – secondo il Rapporto Cerved - solo il 38,8% delle aziende ha formato un Comitato etico o di sostenibilità, appena un Cda su tre ha al suo interno persone con competenze Esg e le figure dirigenziali con queste caratteristiche sono poco più del 33% . «Ci sarà necessità di nuove professioni che riescano a capire il tema della sostenibilità a 360 gradi - spiega Deborah Zani, ceo di Rubner Haus e autrice del libro Sostenibilità e profitto. Il binomio del successo nel prossimo futuro edito da Mondadori Electa – e che partendo dalla produzione riescano a leggere i risvolti ambientali e a integrare il tema del welfare. Così come sarà necessario che gli apici aziendali capiscano e sappiano leggere i parametri della sostenibilità, anzi, spingendomi oltre, direi che dovrebbero essere misurati in base all’impronta sostenibile che riescono e dare alla propria azienda». La storia del Gruppo Rubner inizia nel 1926 con una piccola segheria ad acqua a Chienes, vicino a Brunico, in Alto Adige. Oggi, con oltre 304 milioni di euro di fatturato nel 2020, circa 1.364 collaboratori e 24 società, è una delle principali realtà europee operanti nel settore delle costruzioni in legno che presidia tutta la filiera produttiva: industria del legno, strutture in legno, porte in legno e finestre, case in legno e grandi progetti chiavi in mano.
Secondo recenti studi, fra il 2021 e il 2025, la filiera del legno-arredo esprimerà un fabbisogno di nuova forza lavoro pari a 10-15mila unità. In questi numeri sono compresi operai specializzati, artigiani del legno, tappezzieri, in altre parole quei professionisti la cui manualità rende i nostri prodotti eccellenze indiscusse del made in Italy. «Accanto a una carenza di figure professionali tradizionali – sottolinea Claudio Feltrin, presidente di Federlegnoarredo - il processo di transizione ecologica in atto, evidenzia però anche la necessità di figure professionali che guidino e accompagnino le aziende in questo percorso. Come Federlegnoarredo ci stiamo adoperando affinché la collaborazione fra imprese e mondo dell’istruzione sia sempre più stretta per formare quanto prima profili professionali in grado di mettere a terra gli indirizzi che la comunità scientifica e l’Europa ci hanno dato in tal senso. Saranno indispensabili anche per l’elaborazione di progetti che consentono alle aziende di accedere ai finanziamenti previsti dal Pnrr e non possiamo lasciare che sia la buona volontà degli imprenditori e dei loro team a guidare processi tanto delicati: servono specifiche competenze».
Proprio la formazione è un aspetto da tenere sotto stretto monitoraggio. Alcune Università – come la Bocconi, la London Business School o alcuni Politecnici – hanno lanciato master interessanti, soprattutto nel settore manifatturiero, dove la sostenibilità è un tema che impatta fortemente l’evoluzione tecnologica e l’automazione. «Ci sono poi settori che più di altri sono avanzati sul tema, per esempio quello del lusso, dell’alimentazione o l’industria chimico-farmaceutica – conclude Stefano Cavaliere, partner di Page Executive -. Ed esistono anche aziende che hanno creato degli hub della sostenibilità per poter influire sulla creazione di una cultura condivisa fra gli stakeholder. Chi è in grado di dimostrare un impegno reale nella sostenibilità può attrarre talenti, soprattutto fra le giovani generazioni. Siamo di fronte a un’opportunità che non deve essere calata come obbligo dall’alto. La forza lavoro va formata e coinvolta in un processo che deve comprendere e far proprio. Per questa ragione, va studiato bene l’equilibrio fra le direttive ambientali, la necessità di ridisegnare l’organizzazione produttiva e il rispetto del capitale umano».