Nelle Borse di tutta Europa è detonata ieri la bomba «conti pubblici». Da giorni un certo nervosismo strisciava sui mercati. Ma è stato solo nell’ultima seduta che i timori per la salute dei deficit di bilancio e del debito pubblico in alcuni Paesi dell’Eurozona – Spagna, Portogallo e Grecia su tutti – si sono trasformati in vendite massicce. Mandando in fumo 128 miliardi: l’indice paneuropeo Dj Stoxx 600, che sintetizza l’andamento dei principali indici del Vecchio Continente, ha perso il 2,69%.La caduta più fragorosa si è avvertita a Madrid. La piazza spagnola ha archiviato la seduta con un tonfo del 5,94%, scivolando ai minimi degli ultimi sette mesi, e trascinando anche gli altri listini. A partire dal vicino Portogallo, che ha chiuso in calo del 4,98%, il più pesante dal novembre 2008, nel pieno della crisi Lehman Brothers. Milano ha perso il 3,34%, Londra il 2,17% e Francoforte il 2,45%. Come se non bastasse, i dati statunitensi sui sussidi settimanali di disoccupazione hanno deluso Wall Street e anche Dow Jones e Nasdaq hanno iniziato ad indietreggiare con forza, tanto che a un’ora dalla chiusura perdevano circa due punti percentuali. Morale: un giovedì nero per le Borse di mezzo mondo. Che hanno ignorato anche le ottime trimestrali presentati da grandi banche come Deutsche Bank (utili per 1,3 miliardi) e Santander (utili per 2,2 miliardi).È scoppiato dunque – almeno sui mercati finanziari – il bubbone del cosiddetto «rischio sovrano». I primi scricchiolii risalgono alla scorsa settimana, quando i Credit default swap (Cds) erano cresciuti a un ritmo record. I Cds sono strumenti finanziari derivati utilizzati per proteggere i proprietari di bond statali da un eventuale fallimento. E sono stati spinti al rialzo soprattutto dalle condizioni delle finanze pubbliche in Grecia, Spagna e Portogallo. Secondo l’indice che monitora 15 nazioni dell’Europa occidentale, i volumi di scambio sono cresciuti del 17% rispetto alla settimana precedente. Atene, in particolare, ha visto crescere i prezzi dei suoi Cds al record di 400 punti base (vale a dire 400mila dollari per proteggere 10 milioni di debito dal default nei prossimi cinque anni) con volumi pari a 76 miliardi di dollari.È stata però l’Italia ha toccare il record in termini di volume (222 miliardi di dollari) visto che il nostro è uno fra i mercati dei Titoli di Stato più grandi del Continente. In Portogallo il Tesoro è stato addirittura costretto due giorni fa a ridurre da 500 a 300 milioni di euro una emissione di Titoli a 12 mesi per cercare di spegnere la fiammata dei rendimenti. Questi ultimi segnalano un aumento del rischio sull’investimento. Gli spread sui Cds, di conseguenza, hanno immediatamente raggiunto livelli record perché la «protezione» che questi contratti offrono, essendo aumentato il pericolo, si è fatta più costosa.L’euro non è certo immune da queste tensioni sui mercati finanziari. Tanto che ieri è scivolato sotto quota 1,38 rispetto al dollaro, la quotazione più bassa dal 16 giugno scorso. «Il Portogallo e la Spagna non rappresentano un rischio per Eurolandia», ha dichiarato in serata il presidente dell’Eurogruppo, Jean-Claude Juncker, per rassicurare i mercati. Ma i buoi, in Borsa, a quel punto erano già scappati.